Comune di Reggio Emilia

Vanni Codeluppi


#diconodinoi
 
"Finalmente possono parlarsi.
di Vanni Codeluppi

Luigi era stanchissimo. Si era alzato molto presto e per tutto il giorno non aveva fatto altro che attaccare chiodi e fotografie. Però non aveva ancora finito, perché spesso le fotografie, dopo averle attaccate, le toglieva e le riappendeva in un altro posto. Era abituato a vederle appoggiate sul tavolo gremito di oggetti del suo studio e gli sembrava che con tutto quello spazio bianco attorno si perdessero. Aveva l’impressione che di colpo fossero diventate mute. Soprattutto, aveva paura che non fossero in grado di parlarsi tra loro, che tra un’immagine e l’altra non ci fosse più quel dialogo che aveva immaginato a lungo nella sua testa. Ma tra pochi minuti ci sarebbe stata l’inaugurazione e sarebbe arrivato tutto il mondo a vedere le sue immagini. E se queste fossero diventate improvvisamente afasiche? Se non fossero più state in grado di dire quello che voleva che dicessero? Gli sembrava che anche Massimo ne fosse convinto mentre lo osservava in silenzio dietro le sue spalle. Era la fine d’aprile e fuori c’era il tipico tepore primaverile, ma lui aveva un gran caldo. Era molto agitato e sicuro che non ce l’avrebbe fatta: una grande occasione, la mostra della sua vita, si sarebbe trasformata in un colossale disastro. 
Poi all’improvviso le sue fotografie hanno preso un senso. Ciascuna ha cominciato a parlare sia isolatamente che insieme alle altre, all’interno di quelle lunghe serie in cui le aveva pazientemente catalogate per anni. Ed è arrivata anche la gente: politici, professori, giornalisti e appassionati di fotografia. Tutti sembravano soddisfatti. Sorrideva anche Quintavalle, il padrone di casa. Sì perché quella era la mostra della definitiva affermazione nel mondo della fotografia di Luigi Ghirri. Si è tenuta a Parma nello storico Palazzo della Pilotta, dove c’erano state in precedenza le prime mostre in Italia dei fotografi americani della Farm Security Administration. Ed era promossa dallo CSAC dell’Università di Parma, diretto dallo storico dell’arte Carlo Arturo Quintavalle, per presentare i risultati dei suoi primi dieci anni di lavoro. Ghirri l’ha voluta realizzare come una mostra piena d’immagini, quasi settecento fotografie in grado di illustrare tutte le quattordici serie fotografiche che aveva realizzato sino a quel momento: Fotografie del periodo iniziale (1970); Kodachrome (1970-78); Colazione sull’erba (1972-74); Catalogo (1970-79); Km 0,250 (1973); Diaframma 11,1/125, luce naturale (1970-79); Atlante (1973); Italia ailati (1971-79); Il paese dei balocchi (1972-79); Vedute (1970-79); Infinito (1974); In scala (1977-78); Identikit (1976-79); Still-Life (1975-79). Adesso che aveva finito, vedere tutte le sue immagini esposte sui pannelli del Palazzo della Pilotta gli faceva una grande impressione. In seguito, a proposito di questa mostra, ha detto: «Per la prima volta pensai di aver messo a fuoco, definitivamente, un mio modo di vedere il mondo».
Ghirri era sempre senza soldi. Faceva fotografie di ricerca, che in quegli anni non rendevano, ma era anche poco interessato ai soldi. Quelli che aveva li spendeva per i pacchetti di sigarette, per la benzina della Volkswagen Golf che usava per i suoi viaggi di lavoro e soprattutto per le pellicole e le stampe delle fotografie. Così spesso, per pagare l’affitto, doveva vendere alcuni dei suoi amati libri e dischi. Una volta, ad Amsterdam, rimasto al verde, ha dormito in una cabina del telefono, facendo i turni con l’amico pittore Davide Benati, che l’aveva accompagnato. Però, alla fine della mostra della Pilotta, Ghirri ha voluto donare all’archivio dello CSAC tutte le settecento fotografie esposte. Perché era generoso. Ma anche perché era convinto che fosse importante mettere il suo lavoro a disposizione della collettività. Non a caso qualche anno dopo, nel 1990, ha chiesto che i suoi negativi e le sue diapositive venissero conservati presso la Fototeca della Biblioteca Panizzi del Comune di Reggio Emilia. Dove, oggi che Ghirri non c’è più, i Gasparini, Giordano e Laura, sorvegliano amorevolmente le sue tante fotografie. Ogni tanto le portano fuori a “prendere un po' d’aria”, appendendole alle pareti della biblioteca o esponendole nelle mostre che organizzano. E soprattutto offrono loro la possibilità di parlarsi, finalmente riunite tutte insieme, ma anche di dialogare con tutte quelle immagini che sono contenute nei numerosi libri fotografici della biblioteca e con quelle conservate nella Fototeca della Panizzi, come le vedute in bianco e nero della Reggio che non c’è più o i ritratti degli artisti della gallerista Rosanna Chiessi."