una serata futurista

“Alla fine della mia danza, la pioggia di pomodori riempiva il proscenio”: così la danzatrice Giannina Censi nelle sue memorie ricorda la conclusione, ormai consueta, delle rappresentazioni di Simultanina, la commedia di Filippo Tommaso Marinetti portata nel 1931 in tournée nei teatri italiani dalla Compagnia del Teatro Futurista. Urla, fischi, lancio di ortaggi accompagnavano la recitazione e le danze, trasformando spesso la platea in una bolgia di schiamazzi che rendevano difficoltoso anche l’ascolto delle parole e della musica.
Dopo la prima milanese al Teatro Manzoni il 10 maggio 1931, lo spettacolo approdava il 21 giugno al Teatro Ariosto di Reggio Emilia. La serata futurista reggiana si svolse con un programma che ci viene illustrato da una interessante e rarissima locandina, conservata tra i manifesti teatrali della Biblioteca Panizzi.

Nell’annunciare l’evento, il quotidiano reggiano “Il Solco Fascista” dava per certa la partecipazione dello stesso Marinetti che invece non intervenne, con grande delusione del pubblico, privato di quello che lo stesso giornale definiva “il pezzo forte”, la presenza che avrebbe reso lo spettacolo “più brillante, più geniale, più dinamico”. Il “Solco” poi, quasi ad anticipare lo scandalo e a accrescere la curiosità generale, anticipava le probabili reazioni degli spettatori: “Questo genere di arte offre sempre un duplice spettacolo: quello sul palcoscenico e quello del pubblico che può esprimere nella forma che crede il proprio giudizio”. Ma nel breve resoconto del giorno successivo la serata è descritta come meno turbolenta e agitata di quanto ci si poteva aspettare: “Il pubblico educatissimo ha ascoltato con buona volontà e con attenzione […], ma a spettacolo finito ha dimostrato che il divertimento marinettiano non l’aveva divertito e lo ha dimostrato apertamente. Qualcuno ha chiesto spiegazioni e delucidazioni, queste sono state fornite dal Sig. Escodamè, ma il pubblico non è rimasto molto persuaso ed ha finito per prendere la cosa in ridere e fare un po’ di innocente baccano”.

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