Il libro è stato pubblicato in occasione della mostra di Stoccolma del 1968 e raccoglie tutte le icone del mito americano, su cui per anni ha lavorato Andy Warhol, principale esponente della Pop Art. L'opera intera di Warhol appare quasi un catalogo delle immagini-simbolo della cultura di massa americana: si va dal volto di Marilyn Monroe alle inconfondibili bottigliette di Coca Cola, dal simbolo del dollaro ai detersivi in scatola, e così via. In queste sue opere non vi è alcuna scelta estetica, ma neppure alcuna intenzione polemica nei confronti della società di massa: unicamente esse ci documentano quale è divenuto l'universo visivo in cui si muove quella che noi definiamo la "società dell'immagine" odierna. Dell'oggetto egli recupera la versione ripetitiva e seriale tipica del linguaggio pubblicitario e editoriale, sfruttando le potenzialità espressive della serigrafia e della fotografia. La sua arte prende spunto dal cinema, dai fumetti, dalla pubblicità, senza alcuna scelta estetica, ma come puro istante di registrazione delle immagini più note e simboliche.
Grande sperimentatore di tutti i linguaggi, che gli servono per raggiungere "un'idea, una sorta di filosofia, una visione delle cose […] da diversi punti di vista…", è stato pittore gestuale, autore di performances, cineasta, fotografo, musicista, si è poi avvicinato all'arte concettuale approdando però ad una meditazione sull'arte che diviene a volte puro cerebralismo. Fondamentale risulta il riferimento delle sue opere e in particolare di questo libro, alle scienze cosiddette esatte, come la geometria descrittiva, la matematica, la fisica nucleare, l'astronomia.
Operazione concettuale che riflette criticamente e ideologicamente sul linguaggio della comunicazione in stato di guerra, questo libro raccoglie, fotografie sulla seconda guerra mondiale, scattate da testimoni degli eventi, pubblicate all'epoca su riviste inglesi e tedesche in contesti di propaganda, come comunicazioni di parte. L'artista le ha raccolte, ritagliate, montate, timbrate col motto "Language is war", riproponendole in sequenze che fanno riflettere sul pericolo sempre in agguato di un uso strumentale dei linguaggi da parte dei persuasori occulti, coloro che vogliono generare consenso in chi guarda, soprattutto riguardo all'inevitabilità degli eventi più gravi, com'è appunto una guerra.
Dall'inizio degli anni Settanta l'autore si dedica alla ricerca dei sistemi di rappresentazione dell'immagine attraverso l'uso del mezzo fotografico, in un contesto di forte influenza concettuale e di intenso scambio di idee con giovani artisti modenesi quali Franco Vaccari, Claudio Parmiggiani, Giuliano Della Casa, Carlo Cremaschi e il fotografo Luigi Ghirri; artisti fortemente impegnati nella ricerca di nuovi linguaggi. Guerzoni, in questo periodo, è fortemente interessato anche agli aspetti formali dell'opera: si concentra soprattutto sulla forma del libro e in particolare sulla pagina. Affreschi testimonia la collaborazione con Luigi Ghirri, che ha realizzato le tavole fotografiche, e l'amore per il passato e per la stratificazione culturale.
Dall'inizio degli anni Settanta l'autore si dedica alla ricerca dei sistemi di rappresentazione dell'immagine attraverso l'uso del mezzo fotografico, in un contesto di forte influenza concettuale e di intenso scambio di idee con giovani artisti modenesi quali Franco Vaccari, Claudio Parmiggiani, Giuliano Della Casa, Carlo Cremaschi e il fotografo Luigi Ghirri; artisti fortemente impegnati nella ricerca di nuovi linguaggi. Guerzoni, in questo periodo, è fortemente interessato anche agli aspetti formali dell'opera: si concentra soprattutto sulla forma del libro e in particolare sulla pagina. Affreschi testimonia la collaborazione con Luigi Ghirri, che ha realizzato le tavole fotografiche, e l'amore per il passato e per la stratificazione culturale.
Dall'inizio degli anni Settanta l'autore si dedica alla ricerca dei sistemi di rappresentazione dell'immagine attraverso l'uso del mezzo fotografico, in un contesto di forte influenza concettuale e di intenso scambio di idee con giovani artisti modenesi quali Franco Vaccari, Claudio Parmiggiani, Giuliano Della Casa, Carlo Cremaschi e il fotografo Luigi Ghirri; artisti fortemente impegnati nella ricerca di nuovi linguaggi. Guerzoni, in questo periodo, è fortemente interessato anche agli aspetti formali dell'opera: si concentra soprattutto sulla forma del libro e in particolare sulla pagina. Affreschi testimonia la collaborazione con Luigi Ghirri, che ha realizzato le tavole fotografiche, e l'amore per il passato e per la stratificazione culturale.
La ricerca dell'artista, durante gli anni Settanta, è caratterizzata anche dalla particolare attenzione al mondo archeologico, del quale indaga gli aspetti di stratificazione culturale. Egli è affascinato dall'idea di antico come perdita ma non si lascia tentare dal desiderio di ricostruirlo. Elabora parallelamente libri d'artista che affrontano i temi della riproduzione dell'immagine e delle sue molteplici letture. Le tavole sono riprodotte con diverse tecniche grafiche quali: stampa fotolitografica, serigrafia, xerox, fotocopia, fotografia gelatina bromuro d'argento e ferrotipo e confezionate in un involucro che è la ricostruzione della nota camera fotografica Rolleiflex. La ricerca è stata condotta in collaborazione con Roberto Salbitani e Luigi Ghirri.
La scultura buia è una metafora della camera oscura attraverso la quale si osserva il mondo alla rovescia, restituendoci un'immagine spesso irreale. L'artista ha scelto, per descrivere questo processo alchemico, la forma del libro.
Nell'introduzione al libro è lo stesso Bertini a spiegare: "Queste comunicazioni interdisciplinari relatano una manifestazione-spettacolo che ho presentato per la prima volta a partire dal 26 gennaio 1971 allo Studio Santandrea di Milano. Le immagini stabiliscono delle matrici di motivazioni in maniera da rendere più agevole la comprensione e la genesi dei miei quadri. Anzi, queste immagini, sono l'essenza immateriale dei miei quadri, il fondo elettivo su cui intesso il mio discorso pittorico. Queste comunicazioni interdisciplinari si svolgono come una cronaca quotidiana: ciclicamente e con varianti. Da tre proiettori sono proiettati sul muro tre diversi gruppi di immagini: a sinistra immagini "sesso", a destra immagini di "vita", in centro delle frasi o dei grafismi. Queste proiezioni - che inviluppano quasi tutto l'ambiente - rimangono visibili sul muro un certo tempo, quel tanto da poter permettere una registrazione mentale da parte dell'osservatore, rendendogli possibile quella estrapolazione che l'aiuta a comprendere più agevolmente la mia opera".
Il libro fa parte di quella serie di cataloghi o "mostre a domicilio" nei quali l'artista ha documentato le innumerevoli operazioni di provocatoria autopromozione e che ha poi spedito gratuitamente a migliaia di critici, artisti, collezionisti, musei, biblioteche, archivi. In esso vengono raccolti ritratti di Cavellini, modificati, corretti e reinterpretati, spediti da mailartisti di tutto il mondo su invito dell'autore perché utili al lavoro di autostoricizzazione, che è un'operazione cardine di tutta la sua avventura artistica. Il fatto che questo invito sia stato accolto molto più largamente dagli artisti stranieri che da quelli italiani ha suggerito il titolo dell'opera.
Il libro si pone all'interno di una più generale riflessione dell'artista sulla crisi della comunicazione e del linguaggio e sulla possibilità di un recupero di significato. Contrapponendo immagini relative alla gestualità delle mani, a testi nonsense, l'artista indaga sulla schizofrenia comunicativa della nostra società di massa e sulle potenzialità insite nel gesto come più autentica forma di linguaggio preverbale.
"Atlante" si inserisce tra i lavori di misurazione eseguiti tra il 1967 e il 1970: carte geografiche e mappamondi schiacciati o ridotti in barattoli di vetro, nati dal desiderio di contravvenire alle certezze del nostro mondo fisico.
Il libro è il mezzo scelto e realizzato da Piero Manzoni per ripercorrere le tappe della propria breve carriera artistica (1957-1963) e della sua multiforme produzione, dagli Achromes realizzati con materiali diversi, alle Linee tracciate su lunghe strisce di carta e arrotolate dentro tubi etichettati e firmati, alle uova segnate con la propria impronta digitale e date in pasto al pubblico, alle esposizioni di persone firmate dall'artista. Del testo scritto da Manzoni stesso, vengono riportate anche brevi frasi a commento delle fotografie in bianco e nero. Assumerà il significato di un vero e proprio testamento spirituale con l'improvvisa scomparsa dell'artista, avvenuta proprio l'anno dopo.
Artista concettuale, individuò già nel 1960 l'idea di arte come "assenza", che lo portò al rifiuto della creazione di opere d'arte e all'esclusivo interesse per l'attività teorica che più tardi egli stesso definì "liquidazionismo" o "arte-no". Fare arte diventa dunque esclusivamente pura analisi di concetti. Scriverà testi che minano le basi culturali dell'arte, lavorerà su testi cancellati o tagliati riprendendo così la riflessione drammatica sul tema dell'assenza, tradurrà in numeri testi che aspirano così a divenire linguaggio universale.
Il libro si presenta come un catalogo dell'opera di uno dei più grandi esponenti del gruppo internazionale "Fluxus", ma vanta una cura nell'impaginazione e nella grafica che lo fanno ascrivere tra i libri d'artista. Riporta una ricca documentazione fotografica dei famosi dé-coll/agen realizzati da Vostell tra il 1954 e il 1969 tra cui i manifesti strappati, i mescolamenti di fotografie, le costruzioni di oggetti in perfetto spirito neo-dadaista, ma anche degli happening realizzati tra il 1958 e il 1969 che lo videro profeticamente
Sembra chiaro il riferimento dell'opera alle antiche Wunderkammer , le camere delle meraviglie dove trovavano luogo tutti i tesori della natura e dell'arte, gli uni accanto agli altri, raccolti e catalogati con l'ambizione di ricreare nel microcosmo del museo l'infinita varietà di capolavori o di stranezze che la natura e l'arte possono generare. Parmiggiani nelle sue istruzioni per l'uso cita una frase di Nietzsche: "La cosa più facile è anche la più difficile; vedere coi propri occhi quello che sta sotto il proprio naso". Le immagini diventano dunque un nuovo "alfabeto" che può essere decodificato solo da chi con gli occhi impara a guardare oltre se stesso.
Il libro è composto da 30 fotografie bianco e nero di dischi in vinile, con rispettive copertine, di famosi cantanti e gruppi rock, pop, country, jazz della cultura musicale americana fine anni '60. Sull'onda del più famoso "Twentysix Gasoline Stations", del 1963, con cui aveva fatto nascere il libro d'artista, Ruscha impagina le immagini con cura e senza alcun commento di testo, con l'intento di dare una documentazione il più obiettiva e neutra possibile, nello spirito che animava a quell'epoca la pop art, che faceva entrare nell'arte la serialità e la ripetitività delle immagini proposte dalla comunicazione di massa, senza darne una lettura lettura artistica o un giudizio morale. L'intento è doppiamente raggiunto con la scelta di fare del libro stesso un multiplo ad altissima tiratura, un oggetto in serie. L'artista segue con cura tutte le tappe della realizzazione del libro, sceglie le foto, le impagina con cura, cerca la carta giusta, guarda le bozze, poi però la affida alla produzione industriale, scardinando l'idea che un "bel libro" debba necessariamente essere fatto a mano e a tirature limitate per essere definito prodotto d'arte.
Il libro fa parte dei racconti visivi, delle storie fotografiche con cui Franco Vaccari si interessa alla vita quotidiana della città. Graffiti, scritte e immagini murali tracciati sulle pareti di caserme, scantinati, metropolitane e case popolari, sono i reperti di un'umanità senza volto che la macchina fotografica salva dalla distruzione, che l'artista cataloga con la pazienza di un archeologo. Ne vien fuori un museo epigrafico, una sorta di biblioteca delle strade, per dirla con Maiakovski, in cui questa scrittura primitiva rompe i tabù linguistici, scavalca le censure, libera la rabbia e fa riflettere sul rapporto tra la spontanea creatività di ciò che è popolare, rispetto al "popular" imposto dai mass-media.
"In un viaggio di 800 km ho fotografato sistematicamente i mezzi di trasporto merci che si muovevano nella mia stessa direzione; in questo modo ho usato la fotografia per vedere quello che non sapevo"
Il percorso artistico di Matta Clark, prematuramente scomparso all'età di 35 anni nel 1978, nasce nella New York dei primi anni '70, all'interno del collettivo Anarchitecture. La sua ricerca sui criteri di destrutturazione degli elementi architettonici che metteva a dura prova l'idea di stabilità e di sicurezza su cui si fondano le premesse costruttive di un edificio, passa da un primo approccio fotografico di tipo reportagistico che vede nelle periferie i suoi luoghi privilegiati, all'intervento su edifici reali che l'artista taglia, segmenta, sfonda, per approdare all'analisi dei dettagli architettonici, indizi, tracce minime, impronte che egli pazientemente fotografa, ingrandisce, isola, e che poi ricompone in liste, sequenze, elenchi. Come le impronte fotografiche dei muri sgretolati che troviamo in questo libro, ingrandimenti di particolari sezionati e poi ricomposti, che l'artista ha poi stampato tipograficamente a mezzi toni: la fotografia, che documenta sempre le azioni di Matta Clark, diviene essa stessa opera compiuta.
E' del 1963 il primo libretto realizzato da Feldmann in piccolo formato, con la copertina di cartone e fotografie bianco e nero di immagini di giornale, riviste, cartoline, posters. Inizia così la ricerca dell'artista sul concetto di originale e sulle problematiche della riproducibilità dell'opera d'arte.
Il libro nasce all'interno di una più ampia ricerca sul colore che Nannucci iniziò attorno al 1970 e che aveva come obiettivo lo studio del rapporto luce-colore, ma anche dei relativi usi e significati. Fatto uno studio su campionature di colori prodotti industrialmente che fece rilevare risultati approssimativi e aleatori sulle possibilità di individuare un codice cromatico di base, Nannucci cercò risposte più convincenti cercando nell'ambito naturale esempi di colore allo stato puro, essendo la natura origine e riferimento di ogni fatto cromatico.