mani che parlano

Tra gli opuscoli in diverse lingue (italiano, latino e spagnolo, sia manoscritti che a stampa) che sono stati raccolti in un volume miscellaneo di varia erudizione, conservato nel fondo dei Manoscritti Vari della Biblioteca Panizzi, figura anche un curioso fascicoletto che una mano seicentesca presenta come: Arte di parlare co’ cenni della mano pratticata nel palazzo di Madrid.
Si tratta in realtà di otto incisioni in rame che, sotto il titolo di Abecedario demonstrativo, illustrano l’alfabeto per comunicare con le mani e che sono parte di un’opera più ampia: la Reductión de las letras y Arte para enseñar à hablar los Mudos, pubblicata nel 1620 a Madrid dal pedagogo spagnolo Juan de Pablo Bonet (1573 – 1633), considerato uno dei pionieri dell’educazione dei sordomuti.

Nel trattato Bonet espone le teorie ed i metodi da lui messi in pratica nell’educazione di uno dei figli sordomuti del Conestabile di Castiglia, Juan Fernández de Velasco, alla cui corte prestava servizio come segretario. In quei tempi infatti questi metodi rieducativi erano riservati a pochi privilegiati e dettati soprattutto da motivazioni di ordine economico.

“La condizione dei sordi prelinguistici, ovvero delle persone diventate sorde prima dell’acquisizione del linguaggio – scrive a questo proposito la psicologa Raffaella Carchio – fino alla seconda metà del 700 era davvero scoraggiante: la sordità era nota non tanto per la causa ma per gli effetti che comportava. Considerati incapaci di produrre un linguaggio comprensibile ai più, e quindi “muti”, erano ritenuti pressoché degli “idioti” sia dagli estranei che dai familiari. Venivano ignorati e ridicolizzati a causa dei loro tentativi di comunicare tramite gesti rudimentali o suoni gutturali, oltre che isolati e costretti a svolgere i lavori più umili. In un clima di così forte indifferenza, coloro che venivano definiti “idioti” lo diventavano davvero per la completa mancanza di stimoli sociali e culturali. I primi tentativi di educazione furono una necessità più che una volontà: le famiglie benestanti dell’epoca che non avessero voluto vedere il proprio patrimonio disperso, dovevano istruire gli eredi, anche sordi, in modo che venissero considerati capaci legalmente”.
 
L’opera di Juan de Pablo Bonet, al quale va ascritto il merito di essere stato l’autore del primo manuale di fonetica, logopedia e ortofonia, fu tradotta in molti paesi e diede un contributo fondamentale allo sviluppo delle teorie e delle pratiche finalizzate a favorire la comunicazione delle persone sorde.

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