Comune di Reggio Emilia

La tecnica

 

Stanislao Farri ha utilizzato durante la sua carriera la Linhof Technica 13x18 cm corredata con diverse ottiche, la Mamiya c3 6x6, Asahi Pentax 35 mm e la Leicaflex SL anch’essa corredata delle diverse ottiche, dal 28 al 250 mm.

Egli ha svolto numerose sperimentazioni, non solo attraverso le ottiche, ma anche in seguito in camera oscura.

Ne sono testimonianza le fotografie realizzate con il mosso e il controluce, inviate a numerosi concorsi nazionali e internazionali per amatori e più volte premiate. Con queste immagini Farri rompe le consuetudini consolidate del gusto imperante, legate all’estetica della forma e introduce, nel mondo amatoriale, nuovi elementi di ricerca.

In seguito sperimenta pellicole fotografiche in bianco e nero, manipolandole e trasferendo l’immagine anche su pellicole fotomeccaniche, utilizzate soprattutto nel campo della grafica e nel campo pubblicitario oltre che nell’editoria e dando vita ad una serie di immagini che l’autore definisce, appunto Elaborazioni. Le Elaborazioni di Farri prevedono anche le solarizzazioni, la creazione di immagini attraverso serie di negativi fuori registro, per conferire sia un effetto grafico sia una sorta di tridimensionalità dell’immagine stessa.

Farri, nello sperimentare i materiali fotosensibili, ha utilizzato anche i cristalli di iposolfito di sodio, il liquido di fissaggio dell’immagine sviluppata in camera oscura, che seccandosi sulla lastra fotografica crea disegni grafici degni di interesse.

L’autore abbraccia, nella ricerca, la nuova concezione affermatasi negli anni Sessanta, che vede la fotografia come linguaggio assoluto, libero dai condizionamenti estetici predeterminati da schemi teorici e da dettami manualistici. Un linguaggio che prende spunto dalla natura dei materiali fotosensibili e dall’ottica piuttosto che dai modelli estetici imperanti. Fondamentale, per Farri è stata l’attività professionale dove le basilari leggi della composizione formale, l’equilibrio dei toni e la conoscenza delle luci sono state tappe fondamentali, da superare e trasgredire in seguito, nel momento della sperimentazione e della ricerca.

Dal 1989 utilizza pellicole in bianco e nero all’infrarosso che conferiscono alle immagini un’aurea e quindi un senso di oniricità che si distacca dal suo stile documentale fino ad allora perseguito, rinnovandosi. Con questa tipologia di pellicola, Farri realizzerà diversi libri fotografici incentrati sulla natura e sul paesaggio.

La ricerca dei materiali fotosensibili e quella formale vanno di pari passo con la sperimentazione del colore. Dagli anni Ottanta in poi, Farri si dedica alla stampa a colori con il metodo Cibachrome, a distruzione di colore. Questo procedimento di stampa permette di ottenere una purezza di colore e una chiarezza d’immagine che ha permesso a Farri di lavorare nuovamente sul suo archivio, riproponendo immagini scattate negli anni precedenti. La sua grande sperimentazione del colore è stata presentata nella mostra Stanislao Farri. Fare fotografia allo CSAC dell’Università di Parma e in seguito a Reggio Emilia nel 1986.

 

Bibliografia di riferimento

Stanislao Farri. Fotografo reggiano, testi di G. Ambrosetti e V. Ascolini, Reggio Emilia, 1976

Stanislao Farri. Fare fotografia, testo di M. Mussini, CSAC dell’Università di Parma e Comune di Reggio Emilia, 1986