l’aida rimborsata

Un raro volantino, pubblicato e diffuso a Reggio nel maggio del 1872 e conservato nelle raccolte di fogli volanti della Biblioteca Panizzi, offre l’occasione di rievocare un curioso episodio della vita di Giuseppe Verdi. Nello stampato viene riportato il testo di una lettera indirizzata allo stesso Verdi da un giovane reggiano, Prospero Bertani, il quale  dichiarava di aver assistito a Parma il 2 maggio alla messa in scena dell’Aida e di esserne rimasto deluso. Sulla via del ritorno, nella carrozza ferroviaria, ne aveva tuttavia udito giudizi lusinghieri da parte di altri spettatori, per cui aveva deciso di riascoltarla due giorni dopo, facendo “il diavolo per entrare” in un teatro assediato da una calca immensa. Ma la replica non faceva che confermare il suo giudizio negativo e la sua convinzione che l’opera fosse inevitabilmente destinata al sicuro insuccesso e ad essere relegata “nei polverosi archivi”.

Stando così le cose, “non potete idearvi – scrive il Bertani al “Sig. Verdi gentilissimo” – come mi trovi malcontento di aver speso in due volte L. 32, ammessa anche la circostanza aggravante che sono figlio di famiglia e questi danari a guisa di orribili spettri vengono a disturbare la mia pace”. Ne chiedeva pertanto il rimborso, allegando un preciso resoconto delle spese sostenute: 5,90 lire per il viaggio andata e ritorno, 8 per il biglietto d’entrata, 2 per “la cena scellerata alla Stazione”; il tutto moltiplicato per due, per un totale di 31,80 lire.
Ricevuta l’insolita e provocatoria richiesta, Verdi decideva di stare al gioco e  incaricava l’editore Ricordi di provvedere al rimborso della somma, decurtata però delle 4 lire delle due cene (“… pagargli anche la cena!… questo no. Poteva ben cenare a casa sua!!”), a condizione che Bertani si impegnasse a non assistere più in futuro a nuove opere verdiane.

Il Bertani fu ben lieto di accompagnare la ricevuta del rimborso con la formale dichiarazione che Verdi aveva richiesto, ma non aveva previsto che la vicenda avrebbe avuto un seguito. Ricordi volle infatti rendere pubbliche le lettere di Bertani e di Verdi nella Rubrica amena della sua “Gazzetta musicale” e la notizia dello spassoso episodio rimbalzò su tutta la stampa nazionale. A livello locale venne diffusa sia attraverso la distribuzione di volantini, come allora avveniva per le novità che potevano destare l’interesse popolare, sia attraverso le colonne del quotidiano “L’Italia Centrale”, che però deplorava “altamente come una spiritosità di così cattivo genere possa avere meritato tanta pubblicità”
Il clamore suscitato aveva infatti scatenato reazioni imprevedibili: in una successiva lettera a Verdi, Bertani si lamenta di aver dovuto abbandonare la città a causa delle minacce anonime, provenienti anche da Parma, di malintenzionati che si proponevano “di ungermi il così detto filone della schiena” a bastonate e chiedeva pertanto una dichiarazione di Verdi che placasse gli animi.
Non risulta che Verdi abbia risposto a questa nuova richiesta di Bertani. Il Maestro si era già divertito abbastanza.

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