Comune di Reggio Emilia

Il paesaggio

 

Il profondo legame con la terra natale e con le sue origini contadine sono in Stanislao Farri un dato rilevante. La profonda conoscenza di quei luoghi, che egli ripercorrerà nel declinarsi delle stagioni e con il passare del tempo sono per lui fonte inesauribile di ispirazione per i numerosi progetti che svilupperà nel tempo. Il processo creativo che caratterizza il lavoro di Farri è evidente: da una prima fase di analisi dei luoghi studiati attraverso un’attenta e prolungata indagine visiva, passa all’indagine fotografica utilizzando macchine fotografiche di diverso formato, sperimentando, inoltre, pellicole sia in bianco e nero sia a colori.

Le prime immagini di paesaggio risalgono agli anni Cinquanta con l’opera Lavoro nei campi che reca il significativo sottotitolo: dedicato a mia madre. Sono queste, immagini scattate alla riscoperta dei luoghi da lui più conosciuti per spingersi poi oltre, alla scoperta della collina, dell’Appennino, fino alla pianura e al Po. Così facendo Farri raccoglie una vasta documentazione del lavoro contadino attraverso le stagioni, creando un significativo patrimonio all’interno del suo archivio che si rivelerà indispensabile per lo sviluppo di alcuni temi futuri, come ad esempio quelli dei caseifici, delle case a torre, delle edicole votive, degli spaventapasseri, delle meridiane e dei carri agricoli. Attraversando il territorio Farri impara a conoscerlo e, nel corso del tempo, lo percepisce come un museo diffuso. I borghi e i villaggi che incontra, leemergenze architettoniche” come le rocche e i castelli, le antiche pievi romaniche, le pietre scolpite diventano stimolo per ulteriori indagini che sfoceranno in prestigiose pubblicazioni in cui il paesaggio avrà un ruolo fondamentale anche per la documentazione, in particolare dei castelli e degli edifici romanici della provincia. E’ una scoperta continua, quella dell’analisi del territorio, che Farri, una volta terminata la ricerca, ripone nei suoi archivi, classificando i negativi e le stampe che diventeranno, fonte d’ispirazione per futuri progetti. Il puro paesaggio, frutto di una restituzione formale, è ovviamente presente nella ricerca amatoriale di Farri; ad esempio la serie intitolata Forme del paesaggio, iniziata nel 1957 e condotta fino agli anni Settanta, è l’esito di una ricerca sulle forme della natura modificate dal vento, dalle intemperie e dall’uomo. I soggetti sono le pietre, i campi arati, le colline e i calanchi.

Dalle immagini di paesaggio di Farri non emerge, in realtà, la concezione o la riflessione dell’autore sulla natura, ma scaturisce, spesso, lo stupore sempre rinnovato, stagione dopo stagione, delle numerose possibilità dei giochi di luce, dei riflessi, delle inedite forme catturate dall’obiettivo. Allo stesso tempo il paesaggio e la natura divengono documenti storici dei graduali mutamenti dovuti al progresso che, agli occhi di Farri, appare come la causa della scomparsa di un mondo che sta andando incontro all’oblio; un mondo in cui egli ha trascorso la propria infanzia. In questo senso l’archivio di Farri assume anche un altro significato, diventando una sorta di viaggio nella sua memoria personale.

Farri ben presto si accorge che le fotografie dei filari di pioppi, del ponte di barche sul Po, della vite maritata all’olmo e altre immagini caratteristiche del paesaggio emiliano prima della fine della guerra, assumono un significato documentale importante, oltre che estetico. I modelli visivi a cui si ispira l’autore sono quelli della fotografia italiana amatoriale di quegli anni conosciuta attraverso le riviste come Ferrania, ma anche certa pittura locale come quella di Gino Gandini, paesaggista della corrente chiarista e intimista, che ritrae nel suo studio nel 1961.Questo modello è evidente in immagini come quella dal titolo Guastalla, 1985, una veduta invernale del fiume Po.

Nel 1979 Farri pubblica a colori il volume dal titolo Paesaggio. Nell’introduzione afferma: “Ho scattato queste fotografie senza propormi temi particolari. Amo profondamente il paesaggio padano, le luminose trasparenze dell’azzurrità del cielo, la grande pianura, il grande fiume, le colline, le geometrie disegnate dal lavoro dei contadini, gli olmi, i pioppi, i salici. Ed è stato naturale cercarne l’immagine con amore, con nostalgia. Mi sono domandato quale poteva essere la chiave di lettura più adatta a decifrare un messaggio rischiosamente sospeso tra attualità e ricordo, strappato con puntiglio alla realtà delle mutazioni irreversibili.” Una introduzione che è quasi un manifesto della sua poetica, che egli ha abbracciato anche negli anni a seguire, quando, lavorando anche sul suo archivio, ha realizzato Dentro l’argine (1993), Terra d’acqua (1997), Il respiro delle nuvole. Fotografie 1954-2005 (2005) e Alberi. Fotografie dal 1951 al 2008, (2009).


Bibliografie di riferimento

S. Farri, Paesaggio, Reggio Emilia, 1979

Dentro l'argine, testo di D. Barilli, fotografie di S. Farri, Parma, 1993

Terra d'acqua, testo di M. Mussini, fotografie di S. Farri, Reggio Emilia, 1997

Il respiro delle nuvole, testo di S. Parmiggiani, fotografie di S. Farri, Milano, 2005

Alberi, testo di S. Parmiggiani, fotografie di S. Farri, Milano, 2009