Comune di Reggio Emilia

I viaggi

Oltre ad una solida formazione scientifica, Filippo Re possedeva il tipico spirito del viaggiatore settecentesco, che lo portava ad osservare con curiosità, non soltanto i paesaggi ed i fenomeni naturali, ma anche gli aspetti umani e sociali delle città e delle contrade attraversate. Di tutto questo, egli ci ha lasciato una ricca ed interessante testimonianza nei suoi diari di viaggio e nelle lettere alla cognata Caterina Busetti

La Biblioteca Panizzi conserva in tutto 95 lettere scritte dal Re alla cognata Caterina Busetti, moglie di Antonio (1751-1820), fratello maggiore di Filippo. Sono una testimonianza dell'affetto che legò sempre Filippo alla cognata e spesso il Re, appassionato di teatro, si autodefinisce con ironia nelle lettere "Arlecchino viaggiatore", o "Arlecchino politico", o "L'uomo prudente", sottolineando con questi appellativi i suoi diversi atteggiamenti di fronte alle vicende narrate. Le lettere dalla Toscana furono edite solo nel secolo scorso da Carlo Casali (F. Re, Diario di un viaggio per la Toscana, e Lettere alla cognata Catterina Busetti Re dalla Toscana e dalla Liguria, Reggio Emilia, 1928). Nell'incipit della lettera del 22 agosto 1795 Filippo Re ci offre, secondo Serra, quasi una dichiarazione della sua poetica: "passare la giornata nella conversazione di uomini dotti, […]; osservare tutto ciò che può piacermi spettante alle scienze naturali; […]; contemplare le bellezze della natura secondate dall'arte; […]; infine non passare quasi un momento che non m'istruisca".

Dal 24 giugno al 2 luglio 1798, dopo aver abbandonato Reggio, Filippo Re compirà, insieme al sacerdote Giandomenico Fioroni, un itinerario attraverso l'Appennino reggiano. Questo viaggio sarà per il Re fecondo di suggestioni ed acquisizioni agronomiche di grande importanza ed il suo resoconto sarà pubblicato nel Viaggio al monte Ventasso ed alle terme di Quara nel Reggiano (Parma, 1798). In quest'operetta, il Re rivela come l'insegnamento agronomico fosse in lui fondato sull'esperienza fisica e chimica, ma anche su un atteggiamento contemplativo ed un sincero amore per le bellezze del creato.

Non stupisce dunque che anche Alessandro Manzoni fosse un ammiratore e lettore degli scritti di Filippo Re e che molte descrizioni di paesaggio del suo grande romanzo abbiano fra le proprie fonti i diari di viaggio e le opere agronomiche del Re. In particolare, si vedano le descrizioni della vigna di Renzo, della fuga di Renzo verso l'Adda e la veduta di Pescarenico in apertura del capitolo IV. Del resto, lo stesso Manzoni era un appassionato e competente botanico e nella sua villa di Brusuglio si dedicava alla coltivazione della vite e del gelso, oltre ad allevare i bachi da seta. Fu inoltre fra i primi in Italia a sperimentare la piantagione del cotone, tema questo di cui si era occupato lo stesso Re.

Il fascicolo delle 53 lettere alla cognata del periodo 1796-1800 costituisce una delle più preziose fonti per la ricostruzione degli eventi relativi alla Rivoluzione reggiana. Filippo Re, pur permeato da riformismo illuminista, visse in modo traumatico la fase rivoluzionaria e repubblicana e temeva che la sollevazione portata dall'arrivo delle armi francesi generasse arbitrio e anarchia. Da questa lettera del 10 dicembre 1796 traspare molto chiaramente il suo stato d'animo: "per viver bene conviene segregarsi, parlar con pochi, e fidarsi di pochissimi […]. Fra noi si vive malissimo. La cabala e la calunnia è all'ordine del giorno. Io sono stato dipinto come controrivoluzionario, nemico del popolo e smanioso di ripristinare la Aristocrazia. […]. Tacere ed osservare. Ecco ciò che deve fare il galantuomo". Quasi tutte le lettere di Filippo Re a Caterina Busetti, relative al "triennio giacobino", furono pubblicate da Ugo Bassi nella sua fondamentale opera Reggio nell'Emilia alla fine del secolo XVIII (Reggio Emilia, 1895).