Comune di Reggio Emilia

Corali 17.A.132

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Antifonario del Tempo dalla prima domenica post epiphaniam alla domenica in quinquagesima, [1450-1455 ca.].
Il presente volume copre il Temporale dalla domenica dopo l'Epifania alla domenica in Quinquagesima. Le dieci iniziali figurate sono da riferire a una stessa mano, che si apparenta in tutta evidenza al contesto tardogotico d'oltrepò, ma che al contempo - in alcuni trattamenti delle sezioni solo decorate, e fors'anche nella resa più massiccia delle figure - si mostra al corrente del repertorio ferrarese degli anni '40 del secolo XV di tipo protorinascimentale che fornì la sua base formativa a Giorgio d'Alemagna: ciò che ritarda di qualche tempo la cronologia del volume, che è meglio allora posticipare alla metà del secolo, o poco dopo.
La cifra dominante è ancora quella del tardogotico lombardo, con richiami al 'Maestro delle Vitae Imperatorum', in alcune impostazioni dei volti, al 'Maestro Olivetano' e a Belbello da Pavia, chiamato in causa - per esempio - dal modo di rendere i paesaggi lumeggiati in oro; al di là di questi riferimenti orientati in modo specifico sul versante miniatorio, che in ogni caso rimangono presupposti necessari, per quanto tradotti su stilemi più bassi, l'apparentamento si instaura soprattutto con certi fatti pittorici assai prossimi cronologicamente, quali Cristoforo Moretti o anche, lato sensu, con la bottega degli Zavattari (tutti artisti, peraltro, di cui è stata proposta in passato, in modo più o meno convincente, un'attività come decoratori librari). E in effetti l'ambito cui dovrebbe appartenere il corale è più precisamente quello tra la Lombardia e l'Emilia, in una koinè, spesso difficile da definire sia dal punto di vista cronologico che territoriale, che ingloba, al di qua del Po, Piacenza, Parma e Reggio, al di là Pavia e Cremona, talvolta Mantova, che si stempera in andamenti più cortesi alla Bonifacio Bembo, e pare piegarsi alla lezione di Pisanello; pur se bisogna avvertire del problema, spesso poco o mal affrontato dalla bibliografia, che in effetti certi motivi compositivi o iconografici (e non stilistici) interpretati sovente come pisanellismi altro non siano in realtà che necessarie riprese da un repertorio all'epoca del tutto comune: milieu, insomma, cui tutti si rivolgevano. Il riferimento più stringente, comunque, è forse proprio con certe cose dei Bembo, in una circolazione che mi pare escludere del tutto l'area tardogotica bolognese, in un lasso di tempo in cui evidentemente a Reggio Emilia, città di confine, si guardava alla zona lombarda come esempio di maggiore qualità formale (lo stesso avviene peraltro, anche a date più avanzate, in altre zone dell'Emilia occidentale: Zanichelli 2000, p. 30); l'autore, se si considera il calibro stilistico non sempre del tutto controllato, fu forse un maestro locale, ciò che spiegherebbe - data l'appartenenza di Reggio allo stato estense - l'influsso ferrarese cui prima si è accennato e una certa sfasatura cronologica in avanti rispetto agli alti prototipi appena rammentati; a indicare come detto una circolazione di maestranze - secondo i canoni attuali - del tutto sovraregionale (caso analogo è il Mss. Vari B 114).
Il volume faceva parte della medesima serie liturgica del Corali 17.A.133, che qui segue.
Su questo, e su tutti gli altri corali, tranne i volumi 17.A.164 e 17.A.166, cfr. anche Ferrari 1920 e Ferrari 1921, le cui indicazioni non saranno riportate nelle singole schede, perché coincidenti, nel merito, con quelle del successivo Ferrari 1923, e Settima Mostra 1990, p. [185], a carattere divulgativo.