Comune di Reggio Emilia

Contributo di Liliana Dematteis

La riflessione nasce spesso dall'occasione, e questa selezionatissima mostra di libri d'artista, ha sicuramente il merito prima di ogni altra considerazione, di porre in evidenza il tema della reciproca interazione tra la fotografia e il libro d'artista, argomento cui finora è stata riservata scarsa attenzione sia nell'ambito della letteratura fotografica che in quella, peraltro molto esigua, che ha sin qui affrontato il tema del libro d'artista.
E' una mostra, questa, che ricerca, esplora ed esemplifica le svariate forme di contaminazione/integrazione fra queste due importanti forme di espressione della recente ricerca artistica contemporanea. Che la fotografia sia un mezzo di comunicazione di massa in sé, con un portato fondamentale che è la "riproducibilità" in sé stessa, lo si scoprì pochi anni dopo la sua invenzione, se è vero che nel 1873 i fotografi amatori avevano stampato, nei soli Stati Uniti d'America, oltre 6 milioni di fotografie e se già a quel tempo si sviluppò un acceso dibattito circa la validità di esse come forma d'arte. E fu proprio grazie alle sperimentazioni di altri artisti a cavallo fra Ottocento e Novecento quali Etienne-Jules Marey con le sue cronofotografie o Anton Giulio Bragaglia negli anni del futurismo, di Laszlo Moholy-Nagy alla Bauhaus, di Man Ray nell'ambito dada o di Alexander Rodchenko nella Russia degli anni venti, che la fotografia venne riconosciuta come autonoma forma d'arte. Fu poi a partire dalla seconda metà degli anni sessanta, nel momento in cui essa viene vieppiù utilizzata dalle correnti artistiche che vogliono andare oltre la pittura tradizionale, che la fotografia diviene protagonista insieme ad altri nuovi strumenti e mezzi creativi quali l'azione, il corpo, il video, la fotocopia, il disco ed il libro d'artista che assurge anch'esso in questo volgere di anni al ruolo di espressione del fare artistico; non ci pare troppo azzardato dunque affermare che a partire dal 17 ottobre 1960 quando Yves Klein si fa fotografare mentre compie il "salto nel vuoto" dalla finestra della casa di Fontenay-aux-Roses concludendo con questa azione il suo cosiddetto periodo pneumatico dedicato al vuoto e allo spazio, la fotografia (con le sue svariate possibili alterazioni) diviene una visualizzazione del pensiero/concetto artistico da considerarsi non soltanto in quanto "opera" in sé, ma anche come materiale riproducibile per una nuova e più globale diffusione del fatto artistico attraverso i mass-media. Fatalmente privilegiati dagli artisti che adottano procedimenti e linguaggi artistici interdisciplinari, fotografia e libro d'artista sono dunque da considerarsi due media con una interazione molto stretta poiché da un lato interloquiscono intorno alla riproduzione-creazione-visione di quel qualcosa chiamato "arte", dall'altra sono, entrambi, dei mezzi relativamente economici e virtualmente illimitati nella loro riproduzione.
A titolo di pura esemplificazione, vediamo in questa esposizione i preziosi piccoli e semplicissimi libri di colui che a ragione è considerato l'iniziatore di questo genere, il californiano Edward Ruscha con le sue collezioni fotografiche di luoghi, palme, parcheggi, dischi, ecc., o l'uso della fotografia come pregnante raccolta di reperti, memorie, storie reali o inventate del francese Christian Boltanski, o la "costruzione" fotografica di Bernd e Hilla Becher che assume una dimensione astratto-concreta subendo quasi una metamorfosi nel momento in cui è posta sull'oggetto-libro, o la fotografia-ritratto di Roman Opalka come testimonianza-biografica quotidiana che è incominciata nel 1965 e continua tutt'ora documentando ogni minimo mutamento del volto dell'artista o ancora, il luogo in cui l'interazione libro/azione/fotografia è davvero imprescindibilmente un tutt'uno nei lavori che dal concetto al comportamento coinvolge artisti che vediamo egregiamente rappresentati in questa mostra quali Gina Pane, Hermann Nitsch, Franco Vaccari, Richard Long, Ketty La Rocca, per citarne solo alcuni.

Torino, aprile 2006