Comune di Reggio Emilia

Contributo critico di Chiara Panizzi

Contributo critico di Chiara Panizzi

Si avverte un'intimità quasi fisica con la carta e il libro nell'opera di Omar Galliani, luoghi nei quali egli cerca una dimensione più privata e colloquiale, rispetto alle opere di grandi dimensioni della sua più conosciuta opera pittorica. Vi ritroviamo però la stessa poetica del segno, tracciato con gesti incessanti sulla pagina, sulla pietra litografica, sulla lastra di rame.
Questo gesto così caparbiamente insistito nell'opera del Galliani poeta, disegnatore o incisore, è rivelatore di un tormentato percorso alchemico, alla ricerca di una dimensione spirituale pacificante, sempre rincorsa e mai pienamente raggiunta. Un viaggio interiore dunque, un viaggio di purificazione, alla ricerca di sé. Il tema del viaggio, così inteso, è infatti alla base di tutta la produzione dei taccuini, quaderni artigianali acquistati sul luogo in India, Africa, Thailandia, Egitto, sui quali l'artista traccia segni che diventano appunti, impressioni, suggestioni interiori, simboli. Raramente incontriamo studi dal vero. Il deserto africano, le isole dell'oceano, il delta di fiumi indiani, luoghi del rigore, della pulizia, del silenzio, danno vita a epifanie evocatrici, sospese tra il loro apparire e il loro dissolversi. L'ansia di fermare almeno nel ricordo ciò che è già perduto genera immagini confuse, apparizioni emblematiche, che emergono come fantasmi dalle sabbie del deserto, e si fissano col carboncino sulla grana grossa di carte ruvide, prima di scomparire del tutto. Pastelli rossi o blu si rincorrono nel gioco intrigante delle trasparenze di carte di riso orientali che, nel mostrare una nuova suggestione, lasciano intravedere quella appena lasciata e accennano già a quella che segue, dando vita a un racconto. Pigmenti colorati diluiti con acqua di mare su carte impastate con petali di fiori, portano con sé tutta la forza della materia, pur sublimata nella natura intellettuale e colta del disegno di Omar Galliani, saturo di suggestioni che rimandano all'iconografia mitologica, alla pittura simbolista, alla grafica giapponese e orientale.
La stessa dimensione privata e la stessa poetica del segno che scrive, annota, suggerisce, cerca e rivela, si ritrovano nella produzione dei libri figurati, tirati in alcune decine di esemplari, distribuiti tra pochi intimi, realizzati, composti e stampati per lo più assieme ad amici e colleghi, spesso nelle stamperie di quella Urbino così amata da Galliani e così generosa di belle edizioni d'arte. Nei libri e nelle cartelle di grafica l'artista ricorre frequentemente al linguaggio dell'incisione, quella che Vasari chiamava "disegno a stampa" per sottolineare l'affinità stilistica e concettuale tra le due forme espressive. Puntesecche, maniere nere, litografie, acqueforti, acquetinte rivelano un padronanza magistrale della tecnica, capace di ritrovare i neri vellutati dei carboncini, gli stessi giochi di luci e di ombre.
Rispetto al percorso tutto interiore dei taccuini si scopre nei libri una natura più apertamente dialogante, resa necessaria dal confronto con un testo, dall'incontro con un lettore, dalla collaborazione con tecnici e artigiani, anche se rimane acuta la sensazione di ascoltare conversazioni a voce bassa, racconti attorno ad un tavolo.
Ne è un chiaro esempio la dedica tutta personale con cui Ida Pannicelli introduce il libro Le tue macchie nei miei occhi: "Caro Omar, questa vecchia favola 'politica' che abbiamo amato qualche anno fa si è perduta nel caos del mio e del tuo studio. Vecchia favola sepolta. Oggi ne ho trovato una nuova che, come allora … ti dedico".
Chi sfoglia il libro diventa così il testimone di una chiacchierata tra due amici che si raccontano una storia usando i segni di scritture diverse ma poeticamente affini.
Così è pure in La sentinella, un libricino nato per essere un dono. E' composto di 16 carte, una sola porta il testo di Gian Ruggero Manzoni, le altre, lasciate completamente bianche, sono destinate ad accogliere i disegni originali che l'artista realizzerà ad personam, nell'atto di farne un dono ad un amico. Il destinatario dell'opera diventa così parte integrante dell'opera stessa. L'artista e lo scrittore lo coinvolgono nel gioco di un dialogo a tre, rendendo necessaria quella componente amicale che fa di ognuno di questi oggetti un pezzo unico e irripetibile.
Nel libro Finestre ritroviamo l'attitudine di Galliani a farsi scrittore e artista al tempo stesso, negando alla sua scrittura ogni intento descrittivo, laddove ne esalta il valore poetico ed evocativo. E per scrittura si intende sia il bellissimo testo denso di suggestioni che appartengono ad un impressionismo tutto interiore, sia le splendide incisioni all'acquatinta, tirate in un caldo rosso antico, che tralasciano la loro funzione didascalica per richiamare piuttosto le sensazioni suscitate dal testo.
La figlia era nuda può essere considerato un "livre de dialogue", espressione con cui Yves Peyré definisce quei libri, non molti in verità nella storia del libro illustrato, in cui "la parola e l'immagine fiammeggiano nell'unità quasi miracolosa della loro identità e della loro differenza a un tratto annullate". Una sorta di affinità tra lo scrittore e l'artista genera quel dialogo concertante, quell'unicum che è proprio dell'opera d'arte. Giorgio Soavi scrive un racconto e, intuendo il forte potenziale narrativo dell'arte di Omar Galliani, gli chiede di illustrarlo: ne nascono 10 splendide litografie che colgono le suggestioni tra ombra e luce del racconto di Soavi e lo trascrivono con altro segno, altrettanto intenso ed emozionante, indugiando sul tema dello specchio e dunque del doppio, tanto caro a Galliani.
Idea che ritroviamo, anche se sublimata in una dimensione sacrale, nelle litografie che adornano l'edizione FMR delle Preghiere di Giovanni Paolo II, in cui l'artista riflette sul tema trinitario, unica realtà in cui lo sdoppiamento si ricompone in perfetta unità.
Questa pratica del viaggio interiore, alla ricerca di una più profonda realtà spirituale, che caratterizza tutta l'opera di Galliani, sempre oscillante tra spirito e materia, tra luce e ombra, è infine pienamente espressa in quella figura con cui l'artista ha scelto di illustrare il Purgatorio, nell'edizione folignate della Divina Commedia, una sorta di Giano bifronte sospeso tra la terra e il cielo, forse il più intenso autoritratto che l'artista potesse ideare.
Nell'ambito della produzione di libri d'artista, realizzati in esemplare unico e autoprodotti, sono tre le opere che vengono esposte in mostra, tutte realizzate alla fine degli anni '70, periodo in cui, appena terminata l'Accademia, Galliani aderì alle correnti concettuali del Citazionismo e dell'Anacronismo indirizzate alla rivisitazione e al recupero della storia dell'arte, soprattutto rinascimentale.
Nel primo, Eros, ghenos e tanatos, realizzato proprio nelle aule dell'accademia bolognese, Galliani prende spunto dal famoso quadro "Ophelia" del preraffaellita J. E. Millais, nato appunto nell'ambito di un'altra corrente artistica della "rivisitazione". Ne nasce una riflessione sul tema dell'annegamento, attraverso citazioni dalla storia dell'arte o dalla cronaca dei giornali, ove sia evidente il legame con la tragedia di avvenimenti luttuosi.
L'"Ophelia" di Millais, che scivola nell'acqua, viene di volta in volta affiancata a icone della storia dell'arte quali la tomba di Ilaria del Carretto, La pietà di Michelangelo, monumenti funerari del Canova, una Deposizione dalla croce del Pontormo, per poi dialogare a lungo con l'immagine di un quotidiano che documenta il ritrovamento del corpo di un'annegata. Nel ripetersi, l'immagine si sgrana sempre di più fino a divenire illeggibile, si dissolve, come anche l'opera e, dunque, la vita stessa.
Da questo stesso tema nasce il libro-oggetto Aquaticus liber (Le stanze diOphelia), che è il risultato, e dunque il ricordo, di un'installazione realizzata a Cavriago, nella casa di Rosanna Chiessi. La stessa immagine dell'Ophelia di Millais viene lasciata galleggiare in uno stagno, fino a che l'acqua, le alghe, le foglie non l'avranno fatta propria. L'artista realizzerà poi dei disegni su fogli di carta che verranno sigillati entro buste di plastica assieme all'acqua che, col tempo ne divorerà l'immagine, poi li raccoglierà in una scatola di vetro, assieme ad una citazione dall'Amleto di Shakespeare.
Nel Libro dell'angelo si assiste al procedimento inverso: non è il l'installazione a divenire libro, ma il libro a farsi installazione. Composto di vari fogli da assemblare, infatti, il libro si trasforma, prende forma nello spazio, va ricomposto ogni volta per essere letto. La figura dell'arcangelo è una citazione da Guido Reni, anche se liberamente reintepretata, che si associa al recupero di una antica tecnica pittorica, quella dello spolvero.

Chiara Panizzi