Comune di Reggio Emilia

Codici

La Biblioteca Panizzi è attualmente l’istituzione nella quale è ospitata la maggioranza dei codici miniati esistenti a Reggio Emilia, mentre isolate, ma non irrilevanti testimonianze, sono anche presso l’Archivio di Stato, l’Archivio della Basilica di S. Prospero e la Biblioteca del Seminario Diocesano.
Il collocarsi al confine fra tardogotico e Rinascimento, è la caratteristica principale della maggior parte dei 35 codici – cioè libri manoscritti esclusi i corali – conservati presso la Panizzi e qui censiti e, in particolare, di quei pochi assegnabili con certezza ad un ambito di provenienza locale.
Fra questi ultimi, il più antico è un Breviario (Mss. Vari G 47), realizzato negli anni 1440-1450 circa. L’origine è confermata dalla presenza in esso dei testi liturgici delle festività dei santi locali, mentre le sezioni miniate sono molto simili ad altre realizzate in ambito locale. Gli elementi comuni sono dati dal frequente impiego di motivi floreali particolarmente carnosi e dal motivo dell’intreccio a stella a riempire il fondo della lettera incipitaria. L’ambito stilistico è quello del tardogotico padano, tipico degli anni ’40 del secolo XV.
Un Lezionario (Mss. Regg. C 407) costituisce uno dei pochi esempi sicuri di codice liturgico rinascimentale di ambito reggiano ed è anche interessante perché testimonia, in area reggiana e nel periodo 1460-1465, la compresenza di elementi tardogotici riferibili sia a una specificità autoctona sia a derivazioni ferraresi e lombardeggianti.
La Miscellanea medica (Mss. Vari A 59/1) è uno dei pochi codici che possa vantare un’esecuzione reggiana certa e documentabile. La decorazione è di scuola rinascimentale ferrarese. Un caso analogo è il Mss. Vari A 59/2, realizzato negli anni 1471-1473 dallo stesso copista per lo stesso committente.
A testimoniare ancora gli influssi ferraresi sulla miniatura reggiana è la Biblia sacra (Mss. Vari B 119), detta Bibbia Arlotti. Il codice reca in apertura un’iniziale figurata vicina allo stile di Giorgio d’Alemagna, mentre un'altra iniziale figurata e le cinquantacinque eleganti iniziali decorate sembrano vicine a Guglielmo Giraldi.
Un caso atipico è l'Antiquarium (Mss. Regg. C 398) di Michele Fabrizio Ferrarini, una delle più ricche sillogi antiquariali conosciute. Nel frontespizio architettonico a foglia d’oro e nei disegni delle epigrafi sembrano convivere influssi padovani e bolognesi che, insieme ad elementi documentali esterni, giustificano l'ipotesi di un contributo di Giovanni Antonio Aspertini.
Fra i codici di provenienza non reggiana, meritano di essere menzionati la Miscellanea di astronomia e astrologia (Mss. Vari F 12), miniata tra la fine del secolo XIV e la prima metà del secolo XV; il De re publica di Tito Livio Frulovisi (Mss. Turri F 92), codice di presentazione dedicato a Leonello d’Este, vergato da Michele Salvatico e miniato da Cristoforo Cortese negli anni intorno al 1434-1436; infine il Dialogus et orationes quas traduxit di Leonello Chiericati (Mss. Turri F 73), altrettanto elegante codice vergato in grafia umanistica dal copista Bartolomeo Sanvito nel 1463 e dedicato a Niccolò d’Este, figlio di Leonello. Ultima acquisizione, fra i codici miniati della Panizzi, è la Expositio in Cantica Canticorum di Onorio d'Autun (Mss. Turri D 2), esempio di decorazione libraria definibile con certa approssimazione ‘romanica’ e collocabile nell’area francese della seconda metà del XII secolo.
Infine, gli Officia dei santi patroni e protettori di Reggio Emilia (Mss. Turri G 66) rappresentano un singolare caso di reimpiego, in un codice cartaceo della fine del secolo XVII, di miniature provenienti da codici ben più antichi. Il manoscritto, redatto in area reggiana, presenta l’applicazione, con modalità “mimetiche” ben studiate, ma non sempre nel contesto appropriato, di quattro iniziali figurate e diciannove decorate, in alcuni casi di qualità non trascurabile, asportate da diversi codici, fra cui uno bolognese della metà del secolo XIV e gli altri quattrocenteschi, di probabile provenienza ferrarese e reggiana, o più genericamente emiliana.
Al corpus di codici miniati qui presentati e descritti, bisogna poi aggiungere alcuni casi che, pur non rientrando strettamente in questa categoria, presentano caratteristiche che li rendono comunque degni di essere segnalati.
Sono da ricordare, per l'importanza dell'apparato illustrativo: il Mss. Turri E 52, il poema di Donizone, Acta comitissae Matildis, databile al XIV secolo e arricchito da dieci disegni entro riquadri che riprendono l'iconografia del codice Vaticano Latino 4922 del 1115 (la versione reggiana fu scritta da uno “Zanelinus”; cfr. Fava 1932, p. 187; Bertoni 1932, p. 380; Ropa 1977, passim; Wiligelmo e Matilde 1991, pp. 644-648, Zanichelli); il Mss. Vari D 118, un'Haggadah di Pesach, del XV secolo, senza interventi a pennello ma con una bella scritta incipitaria in oro a 9r; il Mss. Vari E 134, Ughetto Contardo, Disputatio facta cum iudaeis, del XIV secolo, che mostra a 1r quella che si può azzardare essere stata una lettera arricchita da un fregio sui quattro margini del foglio: ma tutto l'intervento a pennello venne completamente asportato.
Tra i codici con una decorazione esclusivamente a inchiostro di qualche rilevanza, ricordiamo i Mss. Regg. C 408, Hymni ecclesiastici, secoli XIII-XIV; Mss. Turri F 39, Guido da Monte Rochii, De instructione neofitorum, 1430, e Mss. Vari C 67, Niccolò da Lira, Postilla super Testamentum Novum, secolo XIV.
Numerosi sono i codici che presentano spazi bianchi per l'esecuzione di lettere a pennello (o a inchiostro), poi non eseguite: alcuni mostrano le relative letterine "di attesa". Da segnalare, infine, il Mss. Vari G 46, un Breviarium, che non presenta più alcun intervento miniato; lo si ricorda qui per la notizia - inserita nel ms. da una nota del direttore Ugo Gualazzini - relativa alla presenza di un'abbondante decorazione, ora asportata. Dalla tipologia scrittoria e codicologica, si può pensare a una datazione attorno alla metà del XV secolo, o poco precedente.