alle origini del rebus

Tra gli storici della scrittura il nome di Giovanni Battista Palatino è rinomato per il suo famoso trattato sull’arte dello scrivere, edito a Roma nel 1540 con il titolo: Libro nuovo d’imparare a scrivere tutte sorte lettere antiche et moderne di tutte nationi, con nuove regole, misure et essempi. Il volume, oltre ad illustrare le regole del ben scrivere con suggerimenti relativi alla carta, all’inchiostro e ai modi di tenere la penna, presenta un’ampia raccolta di modelli calligrafici, illustrati in tavole di grande ricercatezza grafica.

L’opera, di cui la Biblioteca Panizzi possiede la seconda edizione uscita nel 1545 con l’aggiunta di quindici nuove tavole, conobbe una straordinaria fortuna editoriale in tutta Europa, tanto da costituire, secondo Emanuele Casamassima, una fonte decisiva “per la conoscenza dell’interesse che il maturo Cinquecento ebbe per il fenomeno grafico” (Trattati di scrittura del Cinquecento Italiano, Milano, Il Polifilo, 1966, p. 51).

Accanto alle scritture in uso, infatti,  il Palatino documenta l’arte della scrittura nei suoi aspetti più diversi, illustrando, con uno sfoggio di erudizione e di virtuosismo, anche alfabeti arcaici, esotici e bizzarri, come la lettera “Mancina” e la lettera “Trattizata”.

Ma il nome del Palatino è noto anche a un’altra categoria di studiosi: gli storici dell’enigmistica. Il suo Libro nuovo, come preannuncia lo stesso  frontespizio, comprende infatti un Breve et util Discorso de le cifre, una sezione cioè dedicata alle lettere cifrate, che lo stesso Casamassima definisce “un vero e proprio trattato di criptografia”.
È in questa sezione che compare in quattro tavole il Sonetto figurato, considerato tra i più antichi precursori del rebus moderno. Nel sonetto sono mescolate lettere e figure  “secondo un modello geroglifico in cui la figura si integra nella riga della scrittura e sintetizza gruppi di lettere che possono essere o non essere aggregati in parola” (Stefano Bartezzaghi, Incontri con la Sfinge. Nuove lezioni di enigmistica, Torino, Einaudi, 2004, p. 120). Così il primo verso, che recita: Dove son gli occhi, et la serena forma, è reso con la lettera D seguita da due uova (ove), da un personaggio che suona la tromba (son), dalle lettere GL’ seguite da un paio di occhi, dalla lettera E, dalla nota la, da una sirena (serena) e da una forma per scarpe.

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