Comune di Reggio Emilia

Adam Nidzgorski

di Bianca Tosatti

Questo artista rappresenta non soltanto colui che lavora “fuori tempo”, come si diceva di Sendrey e in genere degli artisti outsider, ma colui che lavora in una condizione di perenne “fuori luogo”. Perché fuori luogo? Perché, mai come nel suo caso, si deve parlare di personalità errante, raminga, sradicata, apolide (secondo il suo significato letterale di “senza stato”). La sua biografia ci precisa le origini polacche della sua famiglia, la sua nascita in Francia da cui, dopo gli anni del liceo, torna in Polonia per completare gli studi superiori. Dopo ripetuti soggiorni alternati fra la Francia e Varsavia, nel 1957 si trasferisce in Tunisia, dove incomincia a dipingere e a fare le prime mostre. Ma dieci anni dopo è di nuovo a Parigi dove espone ripetutamente, entra in associazioni artistiche, contatta la Fondazione Dubuffet e, finalmente, nel 1992, approda a Bègles, dove viene inserito in una delle famose mostre che Gerard Sendrey organizzava ogni anno alla Création Franche per presentare al pubblico nuovi artisti (Jardiniers de la Mémoire). Oggi risiede a Marsiglia, la città francese dove convivono le più numerose e diversificate culture del Mediterraneo.
Nidzgorski si muove con leggerezza su questa grande porzione di terre che si affacciano sulle acque che collegano l’Europa all’Africa, è un uomo-ponte che si innamora dell’artigianato tessile della Tunisia e del Benin, ma tenendo ferma nella mente l’impressione del paravento ricamato da sua madre con scoiattoli e cervi in un bosco di fiori e querce del nord; è l’artista instancabilmente ossessionato dall’immagine della maternità che, attraversando tutte le suggestioni della storia dell’arte e delle arti, resterà sempre frontale, senza volume, fortemente simbolica, ieratica, come nelle icone del Museo di Suprasl. Il bambino polacco che ha recuperato dalla spazzatura un cavallo rampante blu e lo ha sistemato sulla credenza della cucina ha senza dubbio interiorizzato il guizzo di quella linea dinamica e ha costruito nel suo sistema nervoso un engramma, come dire una traccia mnemonica depositaria di quell’esperienza infantile; lo hanno teorizzato anche Klee e Kandinski, sostenendo che la nostra immaginazione utilizza proprio questo accumulo di frammenti mnemonici e di tracce.


Traduzione al francese a cura di Claire Guiraud
Biografia a cura di Dino Menozzi