Comune di Reggio Emilia

8 B 524


Reggio Emilia. Statuta magnificae communitatis Regii. Regii, Herculianus Bartholus excudebat, 1582. fol., [8], 349, [17] c.


Cuoio in policromia, su cartone, decorato in lega d’oro oro e a colore, a raffigurare motivi fitomorfi, occhi di dado, quadrati concentrici, solchi. Cucitura su tre nervi. Tagli rustici, sul taglio di testa iscrizione ms. di mano antica: “Statuta Regiensia et Reformationes”. Stato di conservazione: mediocre - discreto. Apprezzabili spellature del cuoio sul piatto anteriore. Cerniere indebolite. Angoli ricurvi.

Il genere di decoro e le note tipografiche consentono di assegnare la legatura al secolo XVII eseguita in Italia.
I cuoridoro1, forma dialettale di cuoi d’oro, erano detti a Venezia sia i cuoi a fondo dorato argentato, decorati con fogliami, animali, fregi, arabeschi, quadratini e rombi, cerchielli, dipinti a vivaci colori, brillanti ricoperti da una vernice trasparente sia gli artigiani che li eseguivano.

Impiegati e diffusi in Europa dal XV al XVIII secolo, prevalentemente sotto forma di pannelli destinati all’arredamento, sostituirono le stoffe che arredavano le stanze dei fastosi palazzi rinascimentali. Furono utilizzati nel rivestimento di tappeti2, sedie, poltrone, paraventi, cassoni nuziali3, astucci, custodie, piccoli oggetti ed eccezionalmente, di libri. Sotto forma di tappeti murali4, costituiti da lembi di cuoio di foggia quadrata e appesi con dei chiodi vicino al soffitto e agli angoli delle pareti, rappresentavano motivi ad arabesco e scene dai vivaci colori, talora affiancati da scene di caccia, da trofei e da armi nobiliari.
A Venezia, alla fine del XVI e nel corso del XVII secolo, raggiunsero un alto grado di perfezione: le pareti della reggia di Cosimo I, le sale degli Sforza, quelle dei Piccolomini, dei Gonzaga, erano decorate con "cuoridoro" veneziani.
Esempi di questa decorazione sono tuttora apprezzabili in Italia,a Venezia, al Palazzo Ducale e nella Sala dei cuoridoro di Cà Vendramin-Calergi, a Treviso nella Cappella dei Rettori del Monte di Pietà alla Cassa di Risparmio della Marca Trevigiana, a Bologna, due grandi frammenti di tappezzeria al Museo Civico Medievale, a Napoli alla biblioteca della villa Pignatelli.
I cuoridoro ebbero il loro maggior sviluppo nei secoli XVI e XVII a Venezia e a Napoli, altro importante centro di produzione, città in cui arrivarono dalla Spagna: qui, esisteva nel 1585 l’unico artigiano, il Maestro Pietro Paolo Maiorano artigiano in grado di uguagliare i manufatti spagnoli. Anche a Lucca, sin dalla prima metà del secolo XV, era attiva una fiorente scuola di "cuoridor" sotto la signoria di Paolo Guinigi.
Giuseppe Fumagalli5 ricorda che anche a Ferrara i cuoridoro fiorirono a lungo, fin nel tardo Cinquecento. All’estero i cuoridoro sono largamente rappresentati in Anversa al Musée Plantin6 come rivestimento della camera di Juste Lipse, raro esempio di un intero locale decorato in cuoio dorato, proveniente dalla Spagna, che ornava nel 1658 una grande stanza dei tipografi Plantin.
Nei Paesi Bassi i cuoridoro venivano eseguiti in cuoio di Cordova, importato dalla Spagna a partire dal XVI secolo fino a gran parte del XVII secolo, prevalentemente in botteghe meridionali del paese, soprattutto a Malines, sin dal 1511.
Di artigiani cuoridoro nel XVI secolo in Francia, riferisce Roger Devauchelle7 a proposito dei doratori: i doratori (di libri)) si occupavano pure della decorazione dei pannelli di cuoio per la tappezzeria d’arredamento: i fondi erano argentati o dorati ravvivati con il pennello da disegni a colori vivaci.
Tutti questi lavori, di fattura raffinata esigevano dai loro esecutori un vero talento: quando occorreva eseguire un lavoro di qualità, i legatori di libri facevano ricorso a questi doratori che in quei tempi esercitavano un’arte molto complessa: alcuni di questi, pensando alla possibilità di avvenire della doratura delle legature, si specializzarono in questo settore e senza esserne membri, lavorarono in stretta collaborazione con la Communauté du Livre.

Questo procedimento di fabbricazione, secondo Léon Gruel8, nous vient de l’Italie qui le tenait elle même de l’Orient. La tecnica del cuoio dorato (denominata in Francia cuir basané) sembra sia stata importata a Venezia da mercanti e artigiani provenienti dalla Persia: secondo ricerche più recenti, sarebbe pervenuta in Italia dalla Spagna, dove era già nota nel medioevo, da artigiani arabi cacciati dalla penisola iberica nel periodo della Riconquista (XI - XV secolo). A Venezia, i cuoridoro, fabbricanti di cuoio dorato per tappezzeria, furono ammessi a far parte della partizione dei pittori, il 26 Dicembre del 1569 con privilegio di eleggere un loro rappresentante fra i membri della Corporazione. Pur utilizzando il cuoio come materiale fondamentale gli appartenenti alla Scuola dei cuoridoro non si collegavano agli altri artigiani delle pelli, ma si consideravano una partizione dell’arte dei pittori.
Per appartenervi, i cuoridoro dovevano sottostare ad una prova: lavorare e indorare a disegno quattro pelli di montone. Di questi artigiani è rimasto in città il ricordo nel ponte del barcarolo o del cuoridoro e nella calle del cuoridoro presso S. Fantin, dove probabilmente erano concentrate alcune loro botteghe. La sede dell’arte era in Strada Nuova, vicino alla chiesa di Santa Sofia.
Nel XVI secolo, periodo di grande splendore, il traffico dei cuoridoro rendeva a Venezia circa 100.000 ducati e oltre 70 erano le botteghe di questa industria: l’arte era ancora vitale alla fine del Settecento, anche se le botteghe erano ridotte a 7 con 50 artigiani.
Per la loro realizzazione venivano utilizzati i marocchini, pelli di capra conciata con sommacco, piccolo albero con corteccia ricca di tannino, e specie a Venezia, i cordovani, pelli di capra conciata con la scorza di quercia: questi ultimi avevano il vantaggio di essere più economici e di ben adattarsi alla doratura.
La tecnica antica di fabbricazione dei cuoi dorati da tappezzeria, almeno in una sua varietà, è stata così descritta da Tommaso Garzoni9 nel 1585:
"Si procede prima alla esecuzione del fondo spalmando la superficie della pelle con colla di farina diluita e ciò per chiuderne i pori, quindi cospargendovi sopra uno strato abbondante di albume d’uovo. Asciutto il mordente, con un pennello si passa poi sul cuoio uno strato di vernice a alcool e si posa subito l’oro o l’argento in foglio. Si lascia essiccare qualche ora e si ripassa con un nuovo strato di vernice e ciò per rendere la doratura solida, impermeabile e di tono opaco. Il fondo così è pronto per la decorazione: su di esso si decalca il disegno, lo si contorna a penna con inchiostro di China badando di non scalfire l’oro. Si dipinge l’ornato entro i limiti del contorno usando colori a placca, di tinte vivaci, ma molto leggermente in modo da lasciar trasparire l’oro sottostante come sotto velatura. Quando il lavoro di colorazione è terminato non resta che cesellare il fondo con bulini. Da ultimo si passa ancora una mano di vernice per conferire alla decorazione un aspetto brillante".

Il cuoio è un materiale che deperisce: di cuoi d’oro dei secoli XV e XVI non pervenuti a noi che pochi esemplari, solitamente conservati nei pubblici musei.
Frammenti o resti provenienti da pannelli di arredamento murale sono stati impiegati nella legatura di libri sotto forma di coperte con decorazione continua, estese senza interruzione dal piatto anteriore a quello posteriore. Presentano la caratteristica decorazione con elementi figurativi a vivaci colori di fiori, foglie, animali, su fondi dorato.
Ne riferisce Léon Gruel10: toutes les reliures de ce genre que j’ai vu jusque ici étaient recouvertes avec un débris pris dans une tenture quelconque.
Un esemplare di questo tipo si manifesta a Londra in un catalogo d’asta di Sotheby11: lo stesso ricompare a Parigi con maggiori particolari presso il libraio parigino Pierre Berès12: ricopre un Epitoma in almagestum Ptolomaei di Johannes Regiomontanus, Venezia, Caspar Grossch e Stephan Romer, 1496, in folio. È l’editio princeps del trattato di astronomia di Tolomeo: una delle più importanti produzioni della xilografia veneziana del tempo. Legatura ritenuta da Berès manifestement exceptionnelle, verosimilmente di origine veneziana, del XVII secolo, su assi ricoperte di cuoio dorato, decorato con fiori, fogliami e uccelli, dipinti con vivaci colori in rosso e verde, oro e argento.
In entrambi i cataloghi, viene confermata senza peraltro fornire alcuna precisazione, la presenza di un secondo, analogo esemplare alla Bodleian Library di Oxford, ritenuto exceedingly uncommon.
Un terzo volume è comparso a Londra in una pubblicazione di Sotheby13: si tratta di una legatura vuota su assi, caratterizzata da una decorazione analoga a quella sopra segnalata dall’antiquario Pierre Berès, verosimilmente proveniente dalla medesima bottega: ha le dimensioni di un in-folio (316 x 215 mm).
Una quarta legatura, reperita nel corso di questa ricerca è custodita alla British Library.di Londra, segnata c.36.b.1414, ricopre una Tabula omnium officiorum: orationum in presenti oratorio contentorum, etc. [fol. 152 verso:] Hore intemerate dei, Parigi, 1515. Copertura in cuoio con fogliami, associati a una serie di cerchielli e rombi concentrici, dipinti a colori, rivestiti da una vernice trasparente che rende brillante la decorazione sottostante..
Una quinta legatura15 custodita nella Biblioteca civica A. Mai di Bergamo, ricopre un Antiphonarium secundum morem Sancte Romane Ecclesie, Augusta Taurinorum per Paulum Porrum chalcographum, 1520, Cinq. 5 591. La copertura in cuoio su cartone riveste senza interruzione, entrambi i piatti e il dorso: presenta su un fondo dorato, fiori, fogliami, colorati in rosso brillante, collane di cerchielli, solchi, e bande triangolari puntinate in oro. L’intero decoro è reso brillante da una vernice trasparente. Si tratta di una coperta costituita da un unico lembo di cuoio decorato con le caratteristiche di un frammento di cuoridoro, verosimilmente di origine veneziana.
Esaurisce la serie il sesto manufatto16, pubblicato17, custodito nella Biblioteca Statale di Cremona, caratterizzato dal piccolo formato (147x78x40 mm).

Con riguardo alla legatura di questa Biblioteca, essa si affianca a quelle segnalate per la presenza di solchi lisci18, occhi di dado semplici19 e perlati20, quadrati concentrici21 lungo l’intera coperta Il riutilizzo si manifesta appieno lungo il bordo dei contropiatti, porzione in cui prosegue il decoro del materiale di copertura.
Il testo del volume bergamasco stampato nel primo Cinquecento e quello cremonese nel tardo Seicento confermano in genere la natura di riutilizzo dei cuoridoro.
La memoria di questo genere non oggi è del tutto scomparsa, come testimoniano alcune aziende tessili venete che lo hanno ripreso tra i motivi della loro produzione22
 
Note di dettaglio