Comune di Reggio Emilia

16 D 645


Bozio, Tommaso. De imperio virtutis sive imperia pendere a veris virtutibus non a simulatis libri duo. Aduersus Macchiavellum. Romae, ex typographia Bartholomei Bonfadini, 1593. 4°, [20], 188, [20] p.


Pergamena semifloscia decorata in oro. Cornice costituita da due filetti. Cariatide entro due girali e quattro aste costituite da perle degradanti. Armi del cardinale Pietro Aldobrandini. Due coppie di lacci. Dorso liscio. Capitelli dall’anima passante in pelle allumata o in pergamena arrotolata. Tagli dorati e incisi. Al piede la scritta inchiostrata "Bozius de Imperio Virtut.". Stato di conservazione: discreto. Accenni di avvallamento del materiale di copertura. Bruniture al piatto posteriore.

Diversi fregi1 e le note tipografiche assegnano la legatura alla fine del secolo XVI, eseguita a Roma dalla bottega vaticana Soresini.
Iniziatore di questo atelier fu Francesco Soresini, associato con Giovanni Ferreiro, fu nominato legatore vaticano dopo la morte di Niccolò Franzese2 (verso il 1570): il suo nome compare due volte nel registro Camerale I, 1811 in cui è menzionato come legatore di libri il 12 agosto 1575 e libraro il 9 maggio 1576. Con questo artigiano, inizia l’attività di quella vera dinastia di legatori, i Soresini, i cui esponenti, lo stesso Francesco, Prospero ed infine il più noto Baldassarre, gestirono la legatoria Vaticana per almeno mezzo secolo fino alla prima metà del Seicento3. Sia Francesco che Prospero lavorarono per la Basilica di S. Pietro durante il pontificato di Sisto V, fra il 1588 ed il 1593. Mentre i loro nomi ricorrono associati ai nomi dei papi da Gregorio XIII a Clemente VIII Aldobrandini (1591-1605), più tardi si affaccia, sotto il pontificato di Paolo V, il nome di Baldassarre Soresini, il nipote, che fra l’altro ricoprì anche le cariche più importanti nell’ambito della Corporazione dei Librari e dei legatori. La studiosa Mirjam Foot segnala 18 legature opera di questo artigiano su libri stampati tra il 1602 ed il 1619, la maggior parte dei quali è stata rilegata nelle prime tre decadi del XVII secolo cui Piccarda Quilici aggiunge almeno 13 esemplari eseguiti per la Depositeria vaticana: stando a quanto si legge sui mandati di pagamento di questi libri, l’attività si sarebbe prolungata fino almeno al 1634, sotto il Pontificato di Urbano VIII. Si tratterebbe per il solo Baldassarre di oltre un quarantennio di attività: pare abbia iniziato a lavorare verso il 1590.
L’attività dei Soresini si prolunga per diversi pontificati e matura con il variare dei committenti ed in un così lungo arco di tempo, una sua particolare evoluzione. Dopo Sisto V, l’atelier ha eseguito diverse legature per Clemente VIII: tra quelle di presentazione in cui si nota una spiccata tendenza ad una maggiore ricchezza decorativa: conformemente al gusto à la fanfare, i piatti sono interamente ricoperti con una fitta decorazione uniformemente dorata che spicca sul marocchino rosso acceso. La cornice, molto sottile ed interrotta in lunghi segmenti per conferirle maggiore leggerezza, ha la sola funzione di profilare il bordo dei piatti, mentre il campo centrale, racchiuso in testa ed al piede da archi a volta, motivo prediletto delle legature romane del tempo, è diviso in compartimenti provvisti di una miriade di ferri, spirali, foglie, squame, angioletti che si snodano intorno allo stemma pontificio.
Questa bottega ha dato il meglio di sé nel periodo in cui ha lavorato, nella legatoria vaticana, per la famiglia Borghese, nelle legature destinate a Paolo V (1605-1621): tenta di rinnovarsi ricorrendo ad una composizione più aggraziata: la cornice ed il centro sono nettamente separati tra loro e si accordano in armonia: rispetto alle legature eseguite per Clemente VIII, la cornice assume una maggiore importanza e diventa una larga bordura a decorazioni figurate, in cui i ferri non sono organizzati in gruppi ben separati agli angoli o al centro dei lati, ma si susseguono lungo l’intera cornice, liberi o incastonati entro degli spazi, alternandosi ai tratti vuoti. Fra i ferri, sempre molto variati, oltre alla gamma egizia (sfingi, erme, cariatidi, baldacchini di protezione) si manifestano altre simbologie ispirate al mondo classico: tipico è il ferro con due cornucopie intrecciate che rappresentano la carità cristiana, poi tritoni che suonano (ancora impressi su legature del XVIII secolo), come pure le sottili spirali che terminano con teste di animali affrontate come i delfini: i suoi ferri sono di un’insuperabile perfezione, sia per la bellezza del disegno che per l’accuratezza dell’incisione. Contrariamente all’uso vigente che destinava le legature di lusso ai libri ufficiali o di presentazione, e quelle più semplici alla biblioteca privata del papa, nelle raccolte di Paolo V, non vi è alcuna differenza tra le une e le altre.
Armi riferibili al cardinale Pietro Aldobrandini (1572, 1593-1621).
La scritta lungo il taglio di piede4 suggerisce la collocazione del volume a piatto nella teca.
 
Note di dettaglio