Comune di Reggio Emilia

15 E 149


Manfredi, Girolamo. Practicarum conclusionum super attentatis appellatione pendente liber secundus. Bononiae, ex typographia Ioannis Rubei, 1563. 4°, [8], 90, [30] p.


Velluto azzurro su assi. Tracce di quattro coppie di lacci in tessuto blu. Cucitura su tre nervi. Tagli dorati e incisi, al piede iscrizione ms. di mano antica: “Hieroni. Manfredi”. Stato di conservazione: mediocre. Fiore parzialmente scomparso lungo il dorso e negli angoli sbrecciati.

Le note tipografiche suggeriscono di attribuire la legatura al secolo XVI, verosimilmente eseguita in Italia. Secondo le aspettative il fiore del materiale di copertura parzialmente svanito lungo le aree di maggiori sollecitazioni: i bordi dei piatti e il dorso.

La stoffa (cfr. 15 H 913) nelle sue varietà (velluto, seta, damasco, tela di cotone) è materiale che ben si presta a ricoprire i libri. In Italia, e particolarmente nel tardo Medioevo, legature in tessuto furono eseguite a Roma, Firenze, Ferrara, Urbino; notizie sull’esistenza di questi antichi manufatti vanno però ricercate in documenti d’archivio, in quanto pochi esemplari sono scampati all’usura del tempo.
Seta e velluto si riscontrano come tessuti di fondo nelle legature a ricamo: queste, già note dal Medioevo, sono state eseguite sino a tutto l’Ottocento. Nel XVIII e XIX secolo furono impiegati quali tessuti di pregio, nelle fodere, il damasco (costituito da filati di seta di diversi colori in cui il disegno, per lo più a fiorami, risalta sul fondo per contrasto di lucentezza), il “moire” (tessuto di seta a riflessi marezzati ondulati), il tabis (tessuto di seta a onde marezzata), il raso (tessuto di seta di particolare brillantezza) e il taffettà (tessuto di seta compatto, liscio e uniforme).
I colori di questi tessuti spaziano in genere dal nocciola allo spumante, dal rosa antico al rosa pesca, non sempre armonizzati con quelli delle coperte. L’utilizzo dei tessuti richiedeva una grande accuratezza nella loro manipolazione, sia per non macchiarli sia per farli aderire correttamente senza far trasudare l’adesivo. Prima di essere applicati, i tessuti erano stirati a caldo. Potevano anche ricevere decorazioni in oro. Fu alla fine del XVIII secolo che, in seguito a difficoltà di approvvigionamento del cuoio, si iniziò a impiegare l’economica tela nelle mezze legature e nelle legature editoriali. A questo scopo vennero prodotte numerose varietà di tela in diversi colori, lisce o a grana a imitazione dello zigrino, del marocchino o del marocchino a grana lunga. La tela assume nomi differenti in relazione ai tessuti impiegati o ad altre caratteristiche; ad esempio, la cosiddetta tela inglese è di lino a grosse fibre; la percallina, di origine francese, è di cotone, leggera, lucida, a trama fitta; la tela zigrinata ha grana sottile che imita lo zigrino e si chiama canovaccio; la tela di canapa è grossa e ruvida, la tela detta marocchino, a grana grossa, imita appunto questo tipo di cuoio.
Nella seconda metà del XIX secolo, velluto e taffettà ricoprono strenne e almanacchi, spesso riccamente dorati, e ripropongono talvolta l’antica abitudine di arricchire le legature di tessuto con metalli preziosi, completandole con placche, borchie e fermagli in argento lavorato. Molte legature editoriali di questo periodo sembrano in seta, sono invece in carta ad imitazione del tessuto. Seta e cotone nei più vari colori e, meno frequentemente, damasco e velluto sono stati usati anche per confezionare bindelle e segnalibri.