Comune di Reggio Emilia

14.F.26

Scheda      Galleria

Hore in laudem gloriosissime Virginis Marie secundum usum Romanum, Paris, par Germain Hardouyn, [1532 ca.].

Il presente volume si caratterizza per il numero estremamente alto di interventi decorativi, quasi tutti consistenti in sezioni miniate (tondi o riquadri) separate dal testo, con l'unica eccezione dell'iniziale di c. 1v, realizzata in modo però abbastanza sommario, seguendo una tipologia del tutto differente, quella del monocromo.
La tipografia dei fratelli Gilles e Germain Hardouyn, attiva dalla fine del XV secolo agli anni '40 del XVI, diede alle stampe numerosissime versioni di libri d'ore, diverse per formato, ma soprattutto per contenuto testuale (“cum multis suffragiis et orationibus de novo additis”, dice appunto la nota editoriale iniziale); queste edizioni, tutte "all'uso di Roma", sono purtroppo molto spesso prive di indicazioni di data: una cronologia è però, sia pur approssimativamente, precisabile grazie alla quasi costante presenza di tavole calendariali (Guignard 1942, passim, con bibliografia); per quella presente nella copia di Reggio Emilia, l'indicazione è orientabile sul 1532, ciò che fornisce indicazioni anche sulla decorazione a pennello, che potrebbe però essere ovviamente anche un poco successiva.
Nell'ambito della stamperia si andarono elaborando, a partire già dal secondo decennio del '500, le tipologie iconografiche delle differenti scene da includere nei punti principali delle ore (alcune in più di una versione); queste strutture compositive rimangono del tutto stabili (a parte qualche sostituzione di casi ritenuti non più à la page, gli adattamenti necessari per passare, per esempio, da una scena a riquadro a una contenuta in un ovale, e qualche piccola variante nei dettagli), e vengono riproposte con continuità fino alla fine dell'attività nota, che, a seguito della morte di Germain (che risulta esercitare la professione fino al 1541, mentre già dal 1523 non risulta più nulla di Gilles), verrà continuata poi dalla sua vedova. La loro esecuzione era affidata talora, in alcune copie, alla riproposizione meccanica delle xilografie, talora alla mano di un miniatore (che peraltro troviamo pure in alcuni casi lavorare sopra a sezioni di supporto già occupate da immagini a stampa): l'opzione è esclusivamente meccanica, dal momento che i prototipi sono sempre gli stessi. La nuova comparsa di taluni temi iconografici dà agio di scandire, grosso modo, la cronologia della produzione: nel caso della copia della Biblioteca Panizzi, per esempio, la Creazione di Eva, a c. 20v, è conosciuta solo nelle versioni delle ore che hanno la sezione calendariale che principia dal 1532, e conferma dunque la datazione approssimativa prima indicata.
Il programma a pennello potrebbe spettare a due decoratori: uno, più controllato e preciso, è l'autore di tutte, o quasi, le scene principali, mentre un altro, dal ductus più fumoso, e con una minore abilità nelle rese fisionomiche, quasi involontariamente grottesche, cura soprattutto gli ovali coi santi (e potrebbe essere il responsabile, a questo punto, delle sezioni solo decorate); entrambi ben si inseriscono in quel momento della miniatura francese in cui la lezione dei grandi artisti della fine del secolo XV e del principio del XVI, in pittura come nella decorazione libraria, si stempera in scelte più mosse e variate, cui non sono estranee le penetrazioni di concezioni ormai del tutto manieriste, in parte sulla sollecitazione degli arrivi dall'Italia, in parte dalla conoscenza di esempi grafici, disegni e stampe, provenienti dalla Germania, e che proprio nell'ambito delle tipografie avevano una grande risonanza, per ovvie ragioni di facilità di adattamento repertoriale (la già citata Creazione di Eva, per esempio, riprende - e quasi copia - la stampa incisa da Holbein per l'edizione tedesca dell'Antico Testamento edita a Basilea nel 1524). Non è da sottacere la possibilità, che ricaviamo da un colophon, non ben chiaro (“et in arte litterarie picture peritissim[us]”), del 1514, che Germain sia stato artista in prima persona (Guignard 1942, p. 41): ma più che pittore, credo si debba pensare a una sorta di elaboratore di programmi, che poteva cogliere da esempi pittorici e miniaturistici, ma soprattutto - appunto - ricavare dalle sempre più diffuse, e artisticamente autorevoli, decorazioni a stampa, quelle indicazioni compositive da applicare poi nelle xilografie e nei programmi a pennello delle sue edizioni grazie al lavoro di artigiani, dipendenti in modo continuato o prestatori occasionali d'opera, che dovevano solo, a quel punto, seguire dei modelli, senza variabili personali che non fossero semplicemente quelle delle loro singole capacità. Nel caso della copia reggiana la qualità non è, per l'appunto, eccelsa, né sempre controllata, e a fronte di alcune scene risolte con maggiore proprietà formale, ne compaiono altre, per così dire, raffazzonate, e ben più corsive: oltre che con una divisione di mani, come sopra si è tentato di fare, la questione potrebbe essere risolta anche considerando invece, per un unico decoratore, il problema di inserire scene di cui non possedeva alcun esempio repertoriale da poter sfruttare (mancando ancora uno spoglio completo delle varie edizioni degli Hardouyn, il raffronto è arduo e non era possibile compierlo in questa sede).
In una situazione in cui il concetto di autografia è appunto assai labile, mi pare che tra le copie note una delle più vicine a quella reggiana, fino a poter arrivare a un'identità di mano, sia il libro d'ore C.P.1.E.30 della Oesterreichische Nationalbibliothek di Vienna (Pächt-Thoss 1977, p. 183 e fig. 413), di cronologia analoga; nella stessa sede, assai vicino è pure l'altra versione C.P.1.E.26 (Pächt-Thoss 1977, p. 182 e figg. 404-408), di qualche anno precedente.