Comune di Reggio Emilia

14.E.11


Sophocles. Tragoediae VII. Ex ad­verso respondet Latina interpretatio, in qua verbum verbo reddidit Vitus Winsemius. Carminum ratio ex Gul. Cantero observata; additis eius notis. Heidelbergae, apud Hieronymum Commelinum, 1597. 8° 701 p.

 
Cuoio di capra rosso su cartone decorato in oro. Coppie di cornici all’antica. Composizione a piccoli ferri negli angoli esterni del riquadro interno, ripetuta al centro degli scompartimenti del dorso entro volute accantonate, dal terzo al sesto. Corolle stilizzate, grottesche, cerchielli pieni e vuoti negli angoli interni dello specchio, genere ornamentale ripetuto lungo il margine della cartella tetralobata centrale muta. In testa al dorso, il tassello in cuoio rosso recita "AD/VSVM/REGINÆ"; sottostante iscrizione "SOPHOCLES". Cucitura su cinque nervi. Tagli dorati. Stato di conservazione: discreto. Marginali spellature ai piatti. Cerniere indebolite. Angoli ricurvi.
 
Il genere di impianto ornamentale imperniato sul decoro a piccoli ferri1 in uso fino alla fine del secolo XVII2 e le note tipografiche sembrano assegnare la legatura alla prima metà del secolo XVII, verosimilmente eseguita a Parigi. Non risulta fondatamente attribuibile ai più noti legatori del tempo: Macé e Antoine Ruette, Le Gascon, Florimond Badier, Maitre doreur, bottega Pierre Rocolet - Antoine Padeloup.
Manufatto appartenuto alla regina Cristina di Svezia come indica il tassello provvisto della dicitura "AD VSVM REGINÆ" che indica i volumi acquistati già legati dalla Regina di cui almeno diciannove3 esemplari sono noti. Diversi tra essi recano il testo impresso in Francia. L’elenco di legature su testo stampato tra il 1540 e il 1680 sembra indicare che il tassello, sempre realizzato alla stesso modo, sia stata apposto in Italia. La circostanza non esclude che le legature più antiche siano state acquistate mentre Cristina si trovava in Francia.
 
L’esemplare proposto si aggiunge alle 1854 legature realizzate per la regina fino ad oggi censite. Nata a Stoccolma il 18 dicembre 1626, scomparsa a Roma il 19 aprile 1689, unica figlia di Gustavo Adolfo Wasa, re di Svezia, e di Maria Eleonora di Brandeburgo, dopo la morte del padre il 16 novembre 1632, nella battaglia di Lützen, fu educata dal cancelliere Axel Oxenstierna con piglio maschile, circostanza che probabilmente ne spiega il comportamento per diversi aspetti, eccentrico. Salì al trono diciottenne nel 1644. Fin da giovanissima, affascinata dalla cultura, fosse essa letteraria o scientifica, aveva mostrato grande interesse per i libri: nel corso dei suoi dieci anni di regno, costituì una grande biblioteca di manoscritti e di libri a stampa acquistati per lei da studiosi di chiara fama, quali Isaac Vossius e Nicolas Heinsius. Lo stesso Descartes, nel 1649, si convinse a recarsi in Svezia ad insegnare filosofia alla Regina, ma non resse agli orari, al clima ed alle pretese di Cristina, donna brillante ed intelligente, ma volubile e velleitaria.
Alcuni Gesuiti ammessi alla Corte come interpreti, avevano tessuto attorno alla Sovrana una sottile trama, spingendola alla conversione. La decisione era maturata durante una terribile febbre che le aveva fatto temere il peggio: Cristina aveva fatto voto di consacrarsi a Dio, se fosse rimasta in vita. Nel 1652 si era segretamente convertita al cattolicesimo: detestava il rigore dei protestanti. Il suo profondo orgoglio le impediva di nascondere la sua fede cattolica, ma per ragioni di Stato, non poteva abiurare.
Più interessata allo studio che alla politica e refrattaria al matrimonio: desiderosa di libertà e di cambiamento, incapace di far fronte alla situazione politica che lei stessa aveva creato, soggetta a gravi difficoltà finanziarie causate dalla sua imprudente amministrazione, dopo dieci anni di regno, il 6 giugno 1654, abdicò in favore del cugino Carlo Gustavo: lasciò la Svezia raggiungendo Anversa ed in seguito, Bruxelles, città in cui fece ad un padre domenicano, la dichiarazione di fede il 24 dicembre 1654. Da qui partì per Roma, ove giunse il 20 dicembre 1655, accolta trionfalmente dal Pontefice Alessandro VII Chigi e da tutto il mondo cattolico. Libera da impegni di governo, si dedicò totalmente alla cultura. Se ebbe un vero culto per i classici latini, in particolare per l’opera di Tacito, fu anche molto attratta dalla scienza che in questi anni, nonostante la condanna di Galilei, conosceva un periodo di fermento innovativo, ma ebbe interesse anche per la chiromanzia, l’astrologia e l’alchimia.
A Roma, trascorse alcuni mesi tra il 1655 ed il 1656, alloggiata a palazzo Farnese. Si recò poi a Parigi, città in cui acquistò alcuni manoscritti e ritornò poi a Roma nel maggio del 1658. Dal 1659 abitò a palazzo Riario dove visse conformemente al suo censo, dedicandosi alla lettura dei classici: conosceva il greco, il latino e parlava correntemente il francese e il tedesco Si interessò all’astrologia ed all’alchimia, circondata da studiosi e da cardinali. Fondò e diresse una accademia, l’Arcadia, in seno alla quale si organizzarono discussioni, feste e concerti. Nel 1672 inaugurò un teatro per la rappresentazione di spettacoli e di melodrammi; nel contempo ampliò la sua amata biblioteca. Fu la più intellettuale Sovrana del Seicento. Intervenne per difendere dalle persecuzioni i più celebri convertiti al cattolicesimo, ma non esitò a protestare con Luigi XIV per quelle ai protestanti francesi: continuava a sentirsi sua pari. Si sono anche supposte oscure manovre politiche da lei intessute con il Cardinale Mazarino e con la Corte di Francia, per ottenere il Regno di Napoli e di un suo coinvolgimento nell’assassinio di un suo presunto amante. I prelati romani non apprezzarono la sua ironia sulla ipocrisia della Corte vaticana.
Dopo la morte del cugino Carlo Gustavo nel 1660, tentò invano di riconquistare il trono di Svezia e di ottenere quello di Polonia. Cristina nel frattempo, si era affezionata al giovane cardinale Decio Azzolino. Trascorse gli ultimi anni in ristrettezze economiche, potendo usufruire solo saltuariamente degli arretrati legati al vitalizio che aveva stipulato con il Vaticano e delle rendite, notevolmente ridotte, concordate con il governo svedese al momento dell’abdicazione. Morì a Roma il 19 aprile 1689, a 63 anni: fu sepolta solennemente in San Pietro con la corona in testa e lo scettro in mano. Legò le sue sostanze, una notevole pinacoteca ed una vasta biblioteca, al suo confidente, il cardinale Decio Azzolino, in segno di affetto, di stima e di gratitudine: l’erede morì tuttavia, due mesi dopo di lei.
Cristina di Svezia fu un discusso personaggio che con i suoi atteggiamenti controversi, agitò le cronache del XVII secolo. Magistrale scrittrice di lettere, soprattutto in francese, fu chiamata la Pallade del Nord e Musarum Patrona. Lasciò una raccolta di Massime, alla maniera di Francesco De La Rochefoucauld (1613-1680), Riflessioni sulla vita e sulle azioni di Alessandro, alcuni Pronostiques, ed una incompleta autobiografia.
 
Il primo nucleo della biblioteca della Regina consisteva in manoscritti e libri provenienti dal bottino della guerra dei Trent’anni (1618-1648), in cui suo padre trovò la morte nella battaglia di Lützen, il 16 novembre 1632.
Un catalogo originale dei manoscritti della Regina redatto nel 1649, si trova alla Biblioteca reale di Stoccolma: comprende 1208 esemplari. Nel periodo di regno, la Regina arricchì la sua collezione con numerosi acquisti: nel 1648, i manoscritti di Hugo Grotius, manoscritti e libri stampati reperiti da Nicolas Heinsius e da Isaac Vossius, la biblioteca ricca di 1500 manoscritti di Paul (1568-1614) e Alexandre Petau (1610-1647), nel 1651 la biblioteca del Gérard-Jean Vossius, padre di Isaac. Dopo l’abdicazione nel 1654, le casse con i libri partirono clandestinamente da Stoccolma nel maggio dello stesso anno ed arrivarono nel mese di agosto ad Anversa: qui fu redatto un catalogo che venne terminato l’11 ottobre del 1655. Da qui, il 20 agosto 1656, le casse con i libri partirono per l’Italia, via Pesaro, ove si ignora quanto tempo vi restarono: è noto che il 4 aprile 1660, i libri incominciarono ad essere catalogati a Roma, dal Luca Holstenius, bibliotecario della Regina. La biblioteca fu collocata all’inizio a palazzo Farnese, poi definitivamente a palazzo Riario, nel gennaio del 1663.
 
La biblioteca romana di Cristina di Svezia era costituita da 2.125 volumi oltre ai libri "fuori della scanzia". In parte erano pervenuti a Roma dopo un lento e tortuoso viaggio da Stoccolma, in parte acquistati o ricevuti in dono durante il soggiorno romano. Dopo la morte della Regina il 16 aprile 1689, la biblioteca fu ereditata dal cardinale Decio Azzolino che morì due mesi dopo. I manoscritti e la maggior parte dei libri di pregio furono quasi subito venduti per 8.000 scudi agli inizi del mese di marzo del 1690, dal nipote marchese Pompeo Azzolino al cardinale Pietro Ottoboni, divenuto poi Papa Alessandro VIII (1689-1691). Nel 1690, Alessandro VIII, dopo aver scelto e trattenuto per la sua biblioteca privata 240 manoscritti, e dopo averne consegnato 72 agli Archivi vaticani, fece dono di 1.900 codici ca. alla biblioteca Vaticana, come si legge nella iscrizione posta nella biblioteca stessa: Alexander VIII. Otthobonus Venetus Pont. Max. mille nongentos codices ex iis quos Christina Alexandra Svevorum regina undique conquisiverat selectos, paucis quoque a sua domestica bibliotheca adiectis, Vaticanae attribuit et Alexandrinae noncupatione propiaque aula distinxit. Anno MDCLXXXX, Pont. I. I restanti libri a stampa, ereditati dai nipoti Ottoboni, rimasero di proprietà della famiglia: furono venduti dagli eredi nel corso dei secoli e definitivamente, con la biblioteca verso il 1890. Da questa data, comparvero sul mercato, delle sontuose legature di Cristina eseguite nella bottega romana della dinastia Andreoli.
I libri provenienti dalla biblioteca originaria di Stoccolma portati a Roma dalla Regina e quelli acquistati durante il suo soggiorno romano sono custoditi in gran parte alla Biblioteca Vaticana in un fondo particolare denominato Bibliotheca Reginae: questo comprende i libri più interessanti di tutta la biblioteca: 1900 manoscritti, più libri a stampa e legature di pregio.
 
In Italia, 3 suoi libri sono custoditi alla Biblioteca Nazionale.di Roma: a questi, sono da aggiungere 53 esemplari della Biblioteca Queriniana di Brescia. Altrove, libri di Cristina di Svezia del periodo svedese e romano sono conservati in Biblioteche svedesi; isolati esemplari compaiono anche in alcune biblioteche europee, oltre ad 1 volume a New York, alla Pierpont Morgan Library. In collezioni private sono rari: sono accertati 194 esemplari presso bibliofili, 4 in cataloghi librari e presso librai e due Elzeviri. Molti libri di Cristina andarono dispersi già durante la sua vita: lei stessa li utilizzò per farne dono e permise che i suoi bibliotecari ne prendessero in pagamento dei loro salari e, come malignamente si sussurrò, se ne appropriassero. Occorre ricordare inoltre, che il palazzo reale di Stoccolma bruciò nel 1697 e soltanto qualche centinaio di libri di presentazione, a prevalente contenuto religioso, della biblioteca originale di Cristina si salvò.
 
Quanto alle sue legature, sono state accertate 50 coperte (23 in stile svedese, 18 francesi, 5 di altra origine su copie di presentazione, 4 in velluto oppure ricamate) confluite nella sua biblioteca, prima della sua partenza per l’Italia nel 1654.
Lo studioso francese Gabriel Naudé, bibliotecario di Cristina nel 1652-53, non incoraggiò mai in lei il gusto per le belle legature, convinto che n’estant jamais arrivé qu’à des ignorants de faire cas d’un livre à cause de sa couverture e riteneva opportuno disporre di una grande quantità des livres fort bien reliés à l’ordinaire che possedere poche legature dorate e preziose.
Cristina ricevette tuttavia, nel corso della sua vita numerose copie di presentazione con legature riccamente ornate: di tal genere sono gli esemplari elencati dallo studioso Sten Lindberg e quelli noti in letteratura, anche se relativamente pochi in rapporto a quelli che ha ricevuto o commissionato. Alle legature andate disperse nel corso dei secoli, sono da aggiungere quelle originarie, logorate, sostituite con nuove, da improvvidi bibliotecari.
 
Almeno 556 sono le legature realizzate dai legatori vaticani Andreoli per Cristina di Svezia.
 
Il decoro delle legature di pregio di Cristina, eseguite su marocchino rosso, il colore dei libri della Biblioteca, è sostanzialmente caratterizzata in quelle di lusso e di presentazione, da compartimenti multipli con fregi in oro, a volute, spirali filigranate, seminati a squame di pesce ed armi al centro. In numerose altre, compare una ornamentazione del tipo a centro e angoli: armi al centro, cornici con delicati arabeschi floreali e fregi angolari, oppure un decoro più semplice, à la Du Seuil come qui, con un doppio inquadramento di cornici decorate a filetti doppi con simboli araldici in punta d’angolo. L’ornamento delle coperte di Cristina cambia gradualmente nel tempo, evolvendo dalle sontuose composizioni dei primi vent’anni romani a quelle più modeste degli ultimi anni, in cuoio marrone con arabeschi floreali nelle cornici, o con semplici filetti o a quelle in pergamena con il solo titolo scritto a mano, senza molta cura, in testa al dorso. Da segnalare che le legature italiane7 alle armi eseguite per la regina, sono realizzate con filetti e punzoni, mentre quelle prodotte in Svezia8 e in Francia9 lo sono a placca.
 
Note di dettaglio