Piero della Francesca. De prospectiva pingendi (sec. XV)
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Ms. cartaceo (1472-1481 ca.); 291 x 215 mm; c. I-IV + 110 c. + c. 106/1-2 aggiunte nel sec. XIX fra le c. 106-107 + c. V-VIII; scritto in semigotica semicorsiva alle c. 1-103 da copista del sec. XV, interamente autogr. le c. 66v-67r, oltre alle note e aggiunte marginali e interlineari, alle riscritture su rasura e ai disegni; legatura dell’inizio del sec. XX in mezza pelle a motivi geometrici impressi a secco, assi in legno e due fermagli metallici (restauro Laboratorio Alcide Ballotta, Parma, 1975 ca.).
Collocazione: Mss. Regg. A 41/2.
Nel trattato, composto presumibilmente tra il 1472 e il 1475, Piero della Francesca propone una serie di problemi di riduzione prospettica, dai più semplici ai più complessi, in modo da introdurre gradatamente alle tecniche della prospettiva con esercizi pratici. Posto il quesito, si passa alla costruzione della prospettiva con disegni geometrici ed illustrazioni.
L’opera è la più nota ed importante tra quelle composte dal grande artista che scrisse anche un Libellus de quinque corporibus regolaribus ed un Trattato d’abaco. Complessivamente si conoscono sette manoscritti quattro-cinquecenteschi che ci tramandano l’opera, sia nella versione in volgare che nella traduzione latina curata da Matteo di Pietro Anghiari e rivista dallo stesso Piero.
Di questi solo tre sono riconosciuti come totalmente o parzialmente autografi ed uno di questi è il codice reggiano, in cui risultano autografi i disegni, due intere pagine e le più di sessanta annotazioni marginali, oltre alle correzioni.
Le oltre cento figure sono tracciate da Piero con un tocco leggero, espertissimo, servendosi di una penna talmente temperata da lasciare sulla carta solo un sottilissimo segno di inchiostro bruno.
Le immagini qui pubblicate sono tratte dal facsimile: Sansepolcro, Aboca Museum, 2008.
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