Comune di Reggio Emilia

La musica cosmica








La musica cosmica
 La germania in orbita
 


  Introduzione

  Premessa

  Guida all'ascolto

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Introduzione
 

Appare ancor oggi stupefacente come tra il 1970 e il 1974 un eterogeneo manipolo di giovani musicisti tedeschi (alcuni discepoli di Karlheinz Stockhausen, altri con esperienze in gruppi beat, altri ancora provenienti da ambienti politicizzati) abbiano potuto produrre - in modo indipendente tra loro - dischi che a parte le normali differenze stilistiche e musicali sembrano comporre uno stesso dipinto, multiforme quanto si vuole, ma fortemente omogeneo nei contenuti e negli obiettivi. E’ come se il medesimo sogno avesse visitato le notti di Klaus Schulze, Florian Fricke, Manuel Gottsching, Edgar Froese, Achim Reichel, istigandoli a tradurre in musica le identiche sensazioni e immagini, a tratteggiare uno stesso paesaggio siderale, infinito e irraggiungibile ma al contempo così nitido da essere accessibile anche al semplice ascoltatore. Un aleph musicale formato da album quali Zeit, In der garten pharaos, Irrlicht o Schwingungen: ogni disco una nuova pennellata sulla tela, una nuova sfumatura prima inespressa. Anche se i vari autori interpretavano quella visione con personale sensibilità artistica e immaginifica, si percepisce chiaramente come la finalità fosse la stessa, come tutti i musicisti stessero cercando il passaggio per superare i confini del conosciuto, la nota perfetta per spalancare le porte della percezione.

Non è chiaro come l’industria discografica abbia potuto concedere tanta libertà artistica a quei giovani musicisti, ma è come se improvvisamente regole e limiti fossero scomparsi e nulla potesse frenare la loro creatività. Fin da subito il Cosmo apparve vicinissimo, a portata di mano; e anche se sfuggiva sempre, sembrava essere sempre ad un passo, solo uno - anche se sempre uno di troppo. Lo potevi percepire, a volte anche sentire e vedere nei suoni, nelle vibrazioni, negli scarti di quei dischi, diversi ed eterogenei ma tutti assolutamente unici.

Fu un attimo, un’esplosione di genialità che durò l’espace d’un matin: già nel 1974 i sognanti si stavano risvegliando, ognuno nella propria dimora più o meno dorata, ognuno con la propria dose di disillusione. Ma dalla pubblicazione di Electronic meditation (1970) a quella di Phaedra (1974), questi autori condivisero il sogno, offrendoci album splendidi e irripetibili. Poi, al risveglio, tutto cambiò e ognuno iniziò a percorrere una propria strada personale: i Tangerine Dream con magniloquenti sinfonie elettroniche, Schulze alla ricerca disperata della sinfonia perfetta, Fricke perso in preghiere musicali e Gottsching in lunghe nenie chitarristiche. Era ancora musica splendida, ispirata e geniale; ma il sogno comune era svanito, la verità sfiorata ormai persa e dimenticata, il Cosmo sempre più lontano e incomprensibile: i corrieri cosmici erano tornati sulla terra, ognuno occupato a comporre musica e produrre dischi, come normali musicisti rock.

Poi, sul finire di quel decennio, stanchezza e perdita di ispirazione divennero conclamate: fu un lento declino, inarrestabile, che travolse in particolare i Tangerine Dream, i pionieri del sogno, i più grandi e i più visionari, ridotti ad un’ombra di se stessi, rinchiusi in produzioni di successo sempre più manieriste e ripetitive. I Popol Vuh cercarono una nuova (confusa) fede religiosa, Schulze s’inabissò in una bottiglia di troppo, consapevole che non avrebbe più potuto comporre l’opera assoluta tanto desiderata, gli Ash Ra Tempel si trasformarono negli inutili Ashra (per conquistare il mercato anglosassone), prosciugati di ogni idea brillante dal genio/truffatore J. Kaiser. Tutti gli altri ormai dimenticati.  





Premessa
 

Kosmische Musik è un termine usato impropriamente come sinonimo di Krautrock; ciò avviene persino nella pagina di Wikipedia ad esso dedicata che recita: “Il krautrock (anche detto Kosmische Musik o corrieri cosmici) è un termine coniato dalla stampa e critica angloamericana in riferimento alla scena musicale costituita dai gruppi attivi in Germania negli anni settanta che hanno prodotto in varia misura forme musicali nuove a partire dal rock progressivo o dalla musica elettronica tedesca (ad esempio Karlheinz Stockhausen) dei decenni precedenti. Il termine fu utilizzato per la prima volta in senso denigratorio sulle pagine del settimanale inglese Melody Maker.”.

In realtà il termine Kosmische Musik indica una specifica componente del movimento Krautrock, con caratteristiche e peculiarità ben definite che definiremo meglio nella Guida all’ascolto. A supporto di questa interpretazione cito l’esperto di Progressive Cesare Rizzi che in The prog side of the moon scrive: ”Vorremmo che non tutta la musica tedesca fosse considerata cosmica, cosa che in effetti non è. Se i suoni dei Tangerine dream, Ash ra temple, Klaus Schulze, comunque una minoranza nel panorama tedesco, evocano magnificamente immagini dello spazio profondo e trip lisergico-siderali, definire Kosmische musik quella degli Amon duul, Faust o Embryo ci sembra assurdo e soprattutto non vero.”.
 

La confusione sul termine è presente anche nel testo fondamentale per la comprensione del Krautrock ovvero Krautrocksampler di Julian Cope, un libro allo stesso tempo autobiografico, descrittivo, compilatorio, fortemente immaginifico e, cosa più importante, apologetico verso un movimento della musica non ancora pienamente compreso. Certamente si potrebbe dubitare del valore critico di un autore che descrive un brano dei Kraftwerk come “musica selvaggia e scoreggiona che sfuma in rumori d’ambiente per poi riaffiorare subito e strapparti lo scroto”, o che definisce Die Hochzeit di Sergius Golowin “una lunga intensa carneficina psichica di bellezza indescrivibile. Sotto, la musica infuria, talvolta inaudibile, talvolta inascoltabile, talvolta così sacra, così giusta, che l’ascoltatore si solleva nell’iperspazio e la chiarezza si avvicina” mentre “la batteria di Klaus Schulze è una mietitrebbia su un campo di grano canadese di ottanta chilometri”. Ma solo chi non ha mai veramente ascoltato la musica tedesca degli anni Settanta può rimanere perplesso davanti a questi commenti: l’esperienza dell’ascolto dello sperimentalismo dei Faust, delle derive cosmiche dei Tangerine Dream e di Klaus Schulze, dei mantra estatici dei Popol Vuh, delle cantilene ipnotiche dei Can e dei Neu!, del delirio psicoetnico dei Limbus, del rock apocalittico degli Amon Düül II e dei Guru guru, delle improvvisazioni jazz degli Annexus quam, e via dicendo, produce effetti inaspettati sulle menti degli ascoltatori. Come succede per Eduardo Lecca che, nel suo Breaking glass, arriva ad affermare che “Se Zoroastro, Krishna, Budda o Cristo avessero agito nel contesto della musica dei nostri giorni, avrebbero sicuramente fatto parte della scena cosmica tedesca, senza dubbio.” o per Al Aprile che giudica la formula elettro-acustica dei Limbus “un’adesione consapevolmente incestuosa ma priva di astrusità cervellotiche con una dimensione storicamente estranea” [N.d.R.: Eh? Come? Mi scusi, può ripetere?]
 

Così Cope, oltre a non essere il più strambo tra gli strambi, ha anche il merito di aver indirizzato la critica musicale verso una riabilitazione del Krautrock, nonostante il limite di non aver compreso il contesto storico nel quale quell’esperienza nacque e si evolse. Cope infatti ignora il valore storico/simbolico dell’omicidio dello studente Benno Ohnesorg, del processo a Fritz Teufel o della legge detta Berufsverbot, ma la musica tedesca degli anni Settanta non sarebbe quella che è stata senza il rapporto simbiotico che ebbe con il movimento di contestazione politica; e a dimostrazione di questa mia affermazione cito i nomi dei rivoluzionari (ma per noi italiani incomprensibili) Floh de Cologne e degli oscuri critici del passato nazista German Oak, degli Agitation free (in nomen est omen) o dei misconosciuti Panther, fino alla band leader della controcultura berlinese, quei Ton steine scherben accusati di avere legami con la Rote Armee Fraktion (e primi nel movimento a cantare in tedesco). Perciò senza la conoscenza dell’ambiente sociale nel quale si sviluppò il Krautrock è quasi impossibile comprenderlo fino in fondo; e le affermazioni di Renate Knaup degli Amon duul II "I never was a hippy! I accepted them but it was never my thing. I was a fighter. We were all fighters, not hippies" e del chitarrista del gruppo Chris Karrer, "We were very anti-German. We did not want to be German, we wanted to be multi-cultural", sono emblematiche dell’importanza delle “idee” nella nascita e nello sviluppo della musica del movimento.

 

I musicisti e le band che qui presentiamo sono, all’interno del movimento, quelli che più di tutti proponevano un originale mix di psichedelica, rumorismo, avanguardia e elettronica che venne definita Musica cosmica. L’intento è quello recuperare dal generale oblio nel quale è caduto un’esperienza così feconda e fondante (nonostante il successo commerciale e la fama che arrise ad alcuni gruppi quali Tangerine dream o Popol Vuh) che ancora oggi il suo ascolto può stupire ed entusiasmare. L’inizio degli anni Settanta furono un periodo unico per la cultura tedesca, una combinazione magica di ispirazione, talento e genialità che non si è più ripetuta: ascoltare per credere.

 



Guida all’ascolto della musica cosmica

 

Leggende cosmiche

Forse perché nato in un ambiente culturale non particolarmente conosciuto, il Krautrock è stato spesso contrassegnato da leggende metropolitane che proliferarono in un movimento che, pur essendo un fenomeno diffuso su tutto il territorio della Germania Ovest, presentava al proprio interno legami personali e unità di intenti. Anche se furono centinaia i protagonisti di quel movimento (Asbjornsen nel suo ultimo volume ne ha censiti 646), molti musicisti formarono più band o collaborarono più volte tra loro. Klaus Schulze, ad esempio, iniziò con i Tangerine Dream, passò agli Ash Ra Tempel, ebbe una lunga carriera solista suonando, nel frattempo, nei Cosmic joker; Michael Rother fece parte dei Kraftwerk, dei Neu! e degli Harmonia per poi suonare a lungo con Liebezeit dei Can; e così via. Tutto questo non fece che agevolare la nascita e la diffusione di strane storie, la cui veridicità non sempre è possibile verificare. E la situazione non è per nulla migliorata con l’avvento del web, dove si può trovare tutto e il suo contrario: si va dalle 7up che Timothy Leary arricchiva furtivamente con LSD durante le sessioni con gli Ash Ra Tempel (da qui il titolo dell’album che ne scaturì) alla misteriosa scomparsa di Reiner Borchert dei Birth Control durante il tour in Libano nel 1969 (e mai più riapparso). Una delle storie più narrate riguarda la morte di Wolfgang Krischke – membro degli Amon duul I – immortalato nell’immagine di copertina di Yeti nelle vesti del Sinistro Mietitore. Un tributo riservatogli dopo la sua tragica fine: sembra che a inizio 1970 Krischke, sotto l’effetto di varie droghe, si sia addormentato in un bosco innevato, morendo assiderato, per essere ritrovato solo il giorno dopo parzialmente sbranato – come racconta Asbjornsen - probabilmente da uno yeti!
 

La mia leggenda cosmica preferita è però quella che narra come il primo album di Klaus Schulze (Irrlicht) fosse utilizzato come terapia musicale negli ospedali psichiatrici tedeschi: una dimostrazione della capacità di Schulze di superare i limiti della musica conosciuta per inoltrarsi in un nuovo, misterioso universo. Anche se all’epoca non ebbi dubbi sulla veridicità di tale notizia, con il tempo mi sono sempre più chiesto – credo come tutti coloro che hanno ascoltato Irrlicht almeno una volta – su chi potevano essere quei Mengele della psichiatria che infierivano su persone già sfortunate facendo ascoltare loro proprio quel disco?
 

Schulze, dopo l’esperienza con i Tangerine Dream e gli Ash Ra Tempel, abbandonò la batteria per cimentarsi con le tastiere e sintetizzatori, esordendo con quello che è considerato come uno dei grandi capolavori della Kosmische Musik: Irrlicht. Composizione in tre movimenti che elabora “una musica-documentario che è un lento salire per dolci sussurri e spezzarsi in scoppi improvvisi, trasudando di ansia e paura davanti all’ignoto e all’infinito. I sibili elettronici che aprono l’opera si accumulano gradualmente in una suspense catalettica che prepara l’ingresso dei violini; la struggente melodia di questi affonda in un caos di fasce sonore che si è ormai fatto assordante; altri suoni precipitano riverberati da lontananze galattiche e all’improvviso un organo a canne intona il crescendo liturgico che è un po’ il cuore del disco: deformato, cadenzato, accelerato, simula una pulsar impazzita, dilaniata da una pressione immane, che infatti esplode all’apice dell’orgasmo.”. Credo che questa descrizione di Piero Scaruffi sia sufficiente per comprendere la complessità di quest’opera (e la difficoltà di Scaruffi a farsi degli amici): un viaggio nello spazio profondo attraverso una tempesta di asteroidi, senza istruzioni e mappe per orientarsi.


La ricerca sonora di Schulze continuò con il doppio Cyborg dove, grazie all’utilizzo di sequencer, si può sentire in lontananza il battito del cuore dell’Universo. Le quattro lunghe suite che compongono l’album sono più solari e “amichevoli” e annunciano lo Schulze degli anni successivi: Blackdance, Picture music, Timewind, Moondawn, X. Tutti dischi bellissimi nei quali organi, sintetizzatori e sequencer creano lunghe nenie che cullano l’ascoltatore e lo trasportano in viaggi immaginifici; e all’autore si può perdonare gli ingenui “effetti” del sintetizzatore che all’epoca facevano così “cosmico”. Ma la rotta per lo spazio profondo era ormai persa, il sogno di poter raggiungere l’irraggiungibile si era ormai dileguato. E prima che la disillusione spingesse Schulze verso l’alcolismo (e una serie di dischi mediocri - se non proprio brutti) abbiamo potuto goderci suite magnifiche (Cristal lake, Stardancer, Shadow of ignorance) che ancora per un po’, almeno un poco, ci hanno mostrato frammenti di sogno.


 

Dalla terra al cosmo (e ritorno)

Diamo merito ai Tangerine Dream di Edgar Froese di essere stati la pietra angolare sulla quale è gravitato il fenomeno della musica cosmica: ne sono stati tanto levatrici quanto necrofori; hanno prodotto la migliore Kosmische Musik e anche la sua più banale imitazione; hanno elevato l’ascoltatore verso galassie irraggiungibili – molto oltre l’overdrive interstellare pinkfloydiano – ma lo hanno anche inzaccherato con la melma più vergognosa e avvilente di tutto il krautrock. I Tangerine Dream sono la Musica cosmica, nel bene e nel male!
 

Electronic meditation apre le danze nel 1970: ci suonano, oltre a Froese, Klaus Schulze e Conrad Schnitzler, vale a dire il gotha del nascente movimento. Diversamente da quanto lascerebbe intuire il titolo, l’album ha ben poco di elettronico e molto del classico armamentario del rock psichedelico: chitarre lisergiche, rullate, fraseggi di flauti, tastiere in abbondanza e pure una voce registrata al contrario. Ma se i fattori sono gli stessi, la loro combinazione è così sorprendente da essere rivoluzionaria nel senso letterale del termine: la batteria di Schulze sembra provenire da una stanza in fondo al corridoio, i fiati volteggiano su assoli di chitarra che non portano da nessuna parte, incrociandosi con suoni alieni e organi fluttuanti che appaiono da dimensioni parallele; l’oboe di Thomas Keyserling (non accreditato) “ondeggia su un marasma di chitarre distorte e strumenti ad arco amplificati al limite delle loro possibilità acustiche”, appoggiandosi sul tappeto percussivo della batteria di Schulze che non lascia mai tempo all’ascoltatore di riprendere fiato, mai una pausa per riequilibrare i sensi. Electronic meditation è un’esplosione di immagini, luci, colori e suoni talmente inaspettata da lasciare senza fiato, ma non è musica cosmica, o almeno non lo è ancora: è il razzo sul quale salire per raggiungere l’universo, è il vettore che traccia la strada per chi avrà il coraggio di seguirli nello spazio, sono le briciole di pane lasciate cadere lungo il percorso per timore di non trovare più la via del ritorno.
 

Con il successivo Alpha centauri si afferma il termine Kosmische Musik, e i titoli dei brani aiutano a spiegare dove Froese e compagni si stavano dirigendo: oltre al pezzo omonimo, l’album è composto da Sunrise in the third system e Fly and collision of Comas. Schulze e Schnitzler non ci sono più (il primo è andato a formare gli Ash Ra Tempel con Manuel Gottsching, il secondo i Kluster con Moebius e Roedelius), troppo esasperati dall’egocentrismo di Froese per restare. Vengono sostituiti da Chris Franke (dagli Agitation Free) e da Steve Schroder (poi negli Ash Ra Tempel) - a sua volta sostituito da Peter Baumann. Ascoltando Alpha centauri e il successivo Zeit ci si ritrova catapultati nel cosmo, senza avvisi né protezioni: diversamente dalla musica classica, l’opera dei Tangerine Dream non cerca di ispirare nello spettatore immagini e sensazion, non descrive, semplicemente riproduce il suono che farebbe l’Universo se qualcuno potesse ascoltarlo. Pensate abbia urgente bisogno di terapie a base di Irrlicht? Ascoltate Zeit, il disco più ostico e misterioso di tutta la carriera dei Tangerine Dream. E’ un’opera veramente difficile, multiforme e impenetrabile, fredda e distante, dove melodia e rumore sono fusi in un unico sibilo; è una pietanza che va assaggiata poco per volta per non renderla indigesta. E vi anticipo che approcciarsi non correttamente alla monotonia che domina questo album può creare effetti indesiderati che vanno dalla sonnolenza più profonda al desiderio irrefrenabile di spezzare in due il disco (o il cd)! Zeit è un capolavoro troppo sfaccettato e misterioso per essere comprensibile; e non potrebbe essere diversamente: chi può comprendere il suono del Cosmo?

 

La critica individua in Phaedra (1974) il passaggio dei Tangerine Dream dalla musica cosmica ad un’elettronica commerciale influenzata dalla passione di Franke per i sequencer. In realtà l’album assomiglia più ad un viaggio di ritorno che ad una resa totale; al proprio interno si ritrovano gli ultimi bagliori dello spazio profondo, anche se diluiti tra quei nuovi suoni che, dal successivo Rubycon in poi, prenderanno il sopravvento su tutto ciò che era stato, trasformando la musica del gruppo in piacevoli diversivi elettronici – si ascolti il primo live del gruppo, Ricochet, per comprendere ciò che voglio dire. Ma già con Atem (precedente a Phaedra) qualcosa era cambiato, altri luoghi e altri tempi erano esplorati: forse consapevoli di aver scritto pagine irripetibili, i Tangerine Dream sembrano tornare sulla Terra, ma all’inizio dei tempi; e se Circulation of events e Atem osservano il Big bang e la caotica formazione dei pianeti, Faun-Gena riproduce i suoni di una foresta primordiale e la nascita di forme di vita antecedenti alla comparsa dell’uomo, mentre Wahn è un convivio di austrolopitechi alla scoperta della musica e del linguaggio.
 

Ormai il viaggio è terminato, tempo e universo sono stati esplorati, si può tornare a casa, rilassati e addolciti: Green desert e Phaedra saranno solo i primi passi in questa direzione, e con quest’ultimo album inizierà anche il meritato riscontro commerciale. Seguiranno ottimi dischi totalmente elettronici dominati dal suono di sintetizzatori filtrato da quei sequencer che saranno la marca di fabbrica della musica cosmica più accessibile: penso a Ricochet o a Stratosfear, prodotti dignitosi, anche molto piacevoli, ma ennesima dimostrazione che il sogno era svanito e il Cosmo così distante da non essere più immaginabile. L’intuizione che aveva reso geniali i Tangerine Dream si era trasformata in musica da classifica, accessibile a tutti e facile da comporre; e il finale era ormai già scritto: una lunga serie di dischi (da Optical race – 1988 – a Dream encore – 1999) non solo brutti ma totalmente inutili e banali. Oserei dire blasfemi per coloro che ci avevano accompagnati nel Cosmo!
 

 

La musica cosmica e il cinema

Vi è uno stretto rapporto tra Krautrock e Nuovo cinema tedesco: gli Amon duul, ad esempio, compaiono in un lungo piano sequenza nel film del 1970 Die Niklashauser Fart (Viaggio a Niklashausen) di Rainer Werner Fassbinder, impegnati in una jam improvvisata il cui senso mi sfugge quasi completamente. Ma è in particolare la potenza immaginifica della musica cosmica a coniugarsi con l’arte visionaria del cinema, anche se con risultati altalenanti. I Popol Vuh sono i primi e i più “fortunati” a cimentarsi nella scrittura di musica per il nuovo cinema tedesco, unendo il loro destino a quello del regista più “estremo” (cinematograficamente ma anche umanamente) di quel movimento: Werner Herzog.

Il gruppo, già attivo dal 1969, pubblicò il primo album nel 1971. Affenstunde, “inizia con un tuffo nella piscina del Tempo, e subito pulsa nel cosmo” (J. Cope) trascinando l’ascoltatore tra pianeti lontani e disabitati. L’utilizzo del Moog esalta il senso dell’archetipo, del lontanamente già sentito ma ancora misterioso e indecifrabile. Con In den garten Pharaos i Popol Vuh proseguono il discorso, lasciando che la base di percussioni tribali e il suono dell’organo ipnotizzino l’ascoltatore, trascinandolo nell’ennesimo viaggio tra tempo e spazio. Due grandi capolavori che li elevarono nel gotha del movimento cosmico. Ma da questo momento in poi le cose cambiano: il leader Florian Fricke si converte sia al Cristianesimo che all’Induismo, trasformando la propria musica in sguardi rivolti al cielo ma senza il coraggio di oltrepassare i limiti imposti all’uomo. Da Hosianna Mantra in poi (fino alla svolta “rock” di Das hohelied Salomons e Letzte tage letzte nachte) tutti i dischi dei Popol Vuh sono poesie estatiche che coniugano la terra (gli influssi etnici) al Cosmo (le deviazioni esoteriche); ma la Kosmische musik è un’altra cosa!
 

E’ in questo momento che nasce il sodalizio con Herzog, per il quale firmano alcune colonne sonore di grandissimo valore - visionarie e musicalmente intense. Sono talmente intense che potrebbero vivere di vita propria ma, aggiunte alle immagini dei film, danno vita a momenti artisticamente indimenticabili. Aguirre, furore di Dio ne è la prova migliore: il film non possiederebbe la forza visionaria che gli è universalmente riconosciuta senza la musica dei Popol Vuh. Il campo lungo che apre il film riprende la spedizione di Gonzalo Pizarro mentre discende gli altipiani del Perù immersi nella foresta amazzonica e avvolti nelle nebbie; una scena maestosa proprio grazie al commento sonoro Aguirre I: uno dei momenti più alti del cinema di Herzog, al pari della scena conclusiva dello stesso film, con Aguirre – incarnato nel folle volto di Klaus Kinski – ormai privo di senno su una zattera alla deriva sul Rio delle Amazzoni, circondato da decine di scimmie, ripreso con un piano sequenza rotatorio mentre il suono dei Popol Vuh sale sempre più, innalzandosi al cielo, riempiendo ogni fotogramma e la mente dello spettatore.

Sempre per Herzog, Fricke compone le colonne sonore di Fitzcarraldo, Nosferatu (di cui vengono pubblicate due versioni), Cobra verde e Herz Aus Glas, ma la magia di Aguirre non sarà più eguagliata.

 

Meno “fortunati” i Tangerine Dream, nonostante la loro centralità nel movimento cosmico: probabilmente poco attenti alla qualità dei film per i quali furono chiamati a comporre la colonna sonora, la loro musica raramente incide sulla qualità finale, rimanendo quasi un corpo estraneo. La loro prima esperienza in questo campo è datata 1977 per il remake americano di Le Salaire de la Peur di Henri-Georges Clouzot. Intitolato Sorcerer (Il salario della paura) e diretto da William Friedkin, il film è un’opera ad alta tensione a cui la musica dei Tangerine Dream - di buona fattura - si abbina un po’ a fatica. Da questo momento in poi sarà un susseguirsi di lavori per il cinema (nel 2000 erano già 26), di qualità altalenante: Strade violente di Michael Mann e I diffidenti di Andrei Konchalovsky ma anche Wavelenght di Mike Gray, Flashpoint di William Tannen e Canyon dream di Jan Nickman (state pensando di non averne mai sentito parlare? Ritenetevi fortunati!). Insomma, non proprio l’Olimpo della cinematografia mondiale…

Segnalo però il loro contributo a Near dark (Il buio si avvicina), seconda opera di Katherine Bigelow, grande rilettura del mito del vampiro (tema che anche i Popol Vuh affrontano in Nosferatu), film bellissimo anche se non si può dire altrettanto della colonna sonora. Per il resto vi consiglierei di lasciar perdere; anzi di dimenticare proprio di aver letto questo articolo...
 

Più originali le scelte iniziali di Klaus Schulze, che scrive la colonna sonora per Body love, opera pornografica del regista “militante” Lasse Braun (al secolo Alberto Ferro). Come possa sposarsi l’elettronica visionaria di Schulze con fellatio e doppie penetrazioni è stato a lungo per me un grosso punto interrogativo finchè mi è stata prestata una versione del film in tedesco, francese e inglese – nel senso che il sonoro era contemporaneamente in tedesco, francese e inglese, rendendo difficile la comprensione di dialoghi e trama (anche se sono consapevole che non sono queste le caratteristiche fondamentali in un film di “quel” genere!). E ammetto che l’effetto straniante che crea l’abbinamento dei suoni elettronici con ammucchiate miste ha il suo fascino nonostante i tanti anni passati. Purtroppo dopo questa esperienza Schulze si lascerà convincere a scrivere musica per film di scarso valore, non riuscendo più a eguagliare la genialità e la qualità della colonna sonora composta per Braun. Ma l’evidente calo dell’ispirazione Schulze caratterizza tutta la sua produzione che diventa bulemica: più di 185 cd (che ho tutti, eroicamente, ascoltato) tra cui altre colonne sonore, musica per balletto, opere liriche e spettacoli teatrali; ma ciò che rimane sono solo gli echi dell’ormai lontana genialità.


 

Kaiser cosmici

Nel 1972 Manuel Gottsching entrò in un negozio di dischi a Berlino e chiese al commesso di chi era la musica che stavano ascoltando. “Sono i Cosmic jokers” gli fu risposto; un nome a lui sconosciuto finché, osservando la copertina dell’album, scoprì che egli stesso era uno dei componenti di quel gruppo! E ciò che stava ascoltando era il frutto delle jam effettuate alcuni mesi prima insieme a tutti gli Ash Ra Tempel, i Wallenstein e Dieter Dierks.

Leggenda cosmica o verità, questa storia è significativa dell’esperienza Cosmic Jokers, apoteosi di Rolf-Ulrich Kaiser ma anche l’inizio della sua fine; ma per capire il senso delle mie parole occorre fare un passo indietro.
 

Kaiser era un giornalista musicale che, a fine anni Sessanta, ebbe l’intuizione (la visione, direbbe Julian Cope) di fondare un’etichetta indipendente per promuovere i nuovi gruppi musicali tedeschi che, all’epoca, stavano cercando di affrancarsi dal dominio delle band anglo-americane. Nacque così la Ohr (Orecchio) che pubblicò il meglio della nascente scena Krautrock: Limbus 4, Witthuser, Embryo, Tangerine Dream, Guru Guru, Annexus Quam, Amon Duul, Ash Ra Tempel … [et al.]

Ma il progetto di Kaiser divenne sempre più ambizioso, spingendolo ad assumere il controllo anche della Pilz (Fungo), sussidiaria della BASF dedicata alla musica progressive. Con questa label usciranno dischi dei “cosmici” Wallenstein e Popol Vuh e degli sperimentali Emtidi e Anima.

La principale caratteristica di Rolf-Ulrich era l’irrequietezza e l’egocentrismo, e l’incontro con Timothy Leary – in fuga dall’FBI – trasformò il suo progetto musicale in una vera e propria visione (con un piccolo aiuto del Lysergesäurediethylamid). Il sunto della storia (troppo articolata per essere qui narrata) è che Kaiser inviò in Svizzera (dove Leary era ospitato) gli Ash Ra Tempel per produrre prima i cosmico-psichedelici Lord Krishna von Goloka (a nome Sergius Golowin) e Tarot di Walter Wegmuller, poi per collaborare con Leary e la sua banda di allucinati alla pubblicazione di Seven up.


Gli Ash Ra Tempel fino a quel momento avevano all’attivo due album, l’omonimo e Schwingungen, che basavano le proprie lunghe suite cosmiche sugli intrecci psichedelici della chitarra di Manuel Gottsching. E a fronte delle eteree (e fortemente spaziali) Schwingungen e Jenseits, si potevano ascoltare le reminescenze blues di Light and darkness e Freak’n’Roll. Il connubio con Leary non produrrà invece i risultati sperati poiché Seven up è un album molto meno interessante e innovativo di quanto ci si sarebbe aspettati. Ma certo Kaiser non era uno da perdersi d’animo: con le produzioni svizzere inaugurerà il catalogo della sua nuova label, la Die Kosmischen Kuriere (poi Kosmische Musik), nata allo scopo di diffondere in tutta Europa il nuovo suono tedesco. E anche se alcuni dischi pubblicati sono ormai classici della musica cosmica (da Cyborg di Schulze e Starring Rosi degli Ash Ra Tempel), il malumore verso Kaiser dei tanti gruppi da lui prodotti stava minando il suo progetto. Inoltre l’esperienza svizzera segnò il destino del suo alleato più fedele, il bassista degli Ash Ra Tempel Hartmut Henke, talmente coinvolto nella filosofia lisergica di Leary da superare i limiti dell’umana resistenza: durante un concerto il bassista si immobilizzò con le braccia spalancate perché, avrebbe poi affermato, la musica era così meravigliosa che non c’era nemmeno bisogno di suonarla.

Persi gli Ash Ra Tempel, Kaiser cercò di rilanciare la sua visione attraverso la “creazione” dei Cosmic Jokers. Convinto che le cose ben fatte si fanno da soli, prese e rimontò i nastri delle jam svizzere pubblicando ben cinque album in un solo anno (credo sia record mondiale!): il disco omonimo, Galactic supermarket, Planeten sit-in, Sci-fi party e Gilles Zeitschiff. Peccato che fece tutto ciò senza avvisare i musicisti coinvolti, e cosa ancora più importante, senza pagare i diritti per dischi che ebbero anche un ottimo successo commerciale.
 

Gli album dei Cosmic jokers sono creazioni strambe e immaginifiche di una mente visionaria alla ricerca di verità misteriose. Il primo album è composto da suite dove le sensibilità dei vari componenti (la frenesia ritmica di Gottsching, il respiro cosmico di Schulze, la melodia dei Wallenstein) riescono a convivere con coerenza e convinzione. Galactic supermarket è ciò che il titolo promette: una fiera della psichedelia, con tutti i pregi e i difetti che ciò può significare, dove si possono acquistare lunghi assoli lisergici ma anche banali effetti sonori, viaggi nell’iperspazio ma anche ingorghi sonori da cui non sai come uscire; con Planeten sit-in l’ascoltatore si ritrova catapultato sull’astronave di Terrore dallo spazio profondo di Bava, coinvolto in un viaggio spaziale pieno di pianeti luminescenti e fondali di cartone disegnati con colori sgargianti. E’ un pout-pourri di voci e suoni strani e incoerenti, ma altrettanto affascinanti.
 

Poiché ogni nuovo disco dei Cosmic Jokers si basava sulla manipolazione degli stessi nastri, Sci-fi party è una specie di compendio dei tre album precedenti mentre in Gille Zeitschiff la musica “retrocede” a base d’accompagnamento per le narrazioni della fidanzata di Kaiser, Gille Letmann (qui promossa a Ragazza delle stelle). Era veramente troppo: i musicisti coinvolti si ribellarono facendo causa a Kaiser e costringendolo a sfuggire dall’ira delle case discografiche per cui lavorava. Scomparve improvvisamente senza lasciare tracce, come disperso nell’etere: fine coerente per uno dei più grandi visionari del Krautrock, convinto fin da subito della possibilità di viaggiare verso le stelle.


 

Com’è andata a finire

Con la fine degli anni Settanta i movimenti di contestazione radicale tedeschi sono allo sbando, schiacciati tra repressione e riflusso; e il Krautrock ha ormai terminato il suo ciclo vitale, il senso stesso d’esistere. Negli anni Ottanta qualcuno persevera nel produrre dischi, ma senza più quel fuoco interiore che aveva donato significato alla loro esperienza; e chi riesce ancora a salvarsi dalla perdita totale di ispirazione (come i Faust) appare come un pesce fuor d’acqua in una nuova realtà musicale che, pur traendo ispirazione proprio dalla loro esperienza, ha ormai imposto suoni e ritmi completamente diversi.

E se la New wave tedesca può contare su uno sparuto gruppo di interpreti di medio livello (DAF, Xmal Deutschland, Palais Schaumburg), il successo internazionale di canzoni quali Da Da Da Ich Lieb Dich (1981) dei Trio, l’anti-militarista 99 Luftballoons (1983) di Nena, l'elettro-pop Major Tom (1983) di Peter Schilling, Der Kommissar (1982) e Rock Me Amadeus (1984) di Falco, trasformarono in moneta sonante le intuizioni degli esperimenti cosmici, depurandoli di quelle asperità che ne erano la principale cifra stilistica. Ma la vera pietra tombale del Krautrock furono i Munchener Freiheit di Stefan Zauner (il chitarrista cantante degli ultimi Amon Duul II), arricchitisi con un pop melodico che grida vendetta per come seppellisce sotto melodie sdolcinate alla Abba la scintilla della genialità rivoluzionaria che risplendeva tra i solchi dei dischi krautrock degli anni Settanta.