Comune di Reggio Emilia

Lisa Bellocchi


#diconodinoi
 
"Caro Giordano, mi dispiace che il Covid si abbatta anche su una bella, importante iniziativa come l'inaugurazione dei nuovi spazi della Panizzi.Mi dispiace perché i vincoli sul pubblico all'inaugurazione priveranno te ed i tuoi collaboratori della legittima soddisfazione di condividere il buon esito di tanta fatica. Mi dispiace perché sarei sicuramente venuta a Reggio per l'inaugurazione, curiosa di vedere come appaiano oggi spazi che io frequentavo – e ricordo bene- fin da bambinetta. Erano gli anni Cinquanta. Avevo meno di una manciata di anni e venivo a trovare papà, che era allora il direttore della Biblioteca Popolare (come ricorda anche l'efficace testo che avete abbinato alla piccola ma significativa rassegna su di lui, in corso proprio adesso in Panizzi). A sinistra dell'attuale ingresso alla Biblioteca si apriva la sala di consultazione della “Popolare”, cui si accedeva salendo un paio di gradini. Ricordo un classicissimo attaccapanni di metallo nero posizionato fisso nel corridoio, alla destra della porta. All'interno, sui lati lunghi della sala, c'erano due porte: quella di sinistra dava accesso ad una stanza molto grande, adibita a magazzino. Nella planimetria mentale dei miei ricordi, penso possa sostanzialmente corrispondere alla sala oggi adibita alle mostre. La porta di destra dava accesso all'ufficio di mio padre: una stanza piccola e stracolma di carte, come sono sempre stati gli studi di Ugo Bellocchi. Ti ricorderai, penso, l'apparente caos di quello di via Pindemonte! La scrivania guardava la porta ed aveva di fronte un tavolinetto, su cui poggiava una monumentale macchina da scrivere nera. Con quei tasti ho giocato da bimba e qualcosa dev'essere rimasto attaccato, se sono ancora qui a digitare... Dell'ufficio del papà ricordo il soffitto, che mi pareva altissimo rispetto ad un normale appartamento. Mi piaceva soprattutto la porta finestra che affacciava sul giardino. Avere il permesso di andarci era per me una grande gioia: tanto spazio a disposizione, diverse piante di rose; in fondo a destra c'era qualche pianta di vite, sopravvivenza – immagino- dei tempi in cui il “giardino” era ancora il chiostro dell'antico convento… Negli anni successivi, della “Popolare” mi divennero familiari il bancone metallico della distribuzione (nel corridoio principale, in fondo a destra, prima delle porte che davano accesso ai depositi) e poi la sala di consultazione, dove preparavo le “ricerche” per la scuola. Ma nella mia mente è incisa soprattutto una foto in bianco e nero che fu scattata nel giardino: io – avrò avuto 3 anni – con un cappellino primaverile, come si usava allora, vicina ad un cespuglietto di rose più alto di me. Proverò a ritrovarla e a spedirtela. Ancora complimenti e a presto. "

Lisa Bellocchi