Comune di Reggio Emilia

Corali 17.A.144

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Antifonario Proprio dei Santi, [1450-1510 ca.].
 
Il volume proviene da una serie scompleta, contenente l'intero ciclo del graduale che, secondo quanto risulta presso l'attuale sede conservativa, apparteneva alla Cattedrale di Reggio, da cui fu forse anche commissionato. L'immagine figurata di c. 67v è di difficile interpretazione iconografica: il testo è un pezzo liturgico mariano, e come tale potrebbe suggerire un'Annunciazione, ma d'altra parte in questo caso mancherebbe la rappresentazione della Vergine, fatto strano e anzi - credo - unico; inoltre, il personaggio che appare in volo, assai danneggiato nel suo stato di conservazione, pare femminile. Meglio forse, allora, ripiegare sul soggetto, comunque non comune, che avevo già proposto in altra sede e che in questa scheda ribadisco.
A parte la scena della c. 82v, palesemente più tarda e aggiunta su fascicolo a sé stante, le altre cinque iniziali figurate si ascrivono a una medesima bottega, le cui mani sono difficili da discernere, dal momento che basano tutte le loro scelte stilistiche su una cultura che tenta di fondere, a date abbastanza precoci che preciseremo tra poco, la cultura tardogotica della zona, fondata su stilemi tardogotici lombardi, con un occhio alla cultura bolognese di primo '400, con istanze più moderne, derivate dalla prima attività degli artisti estensi della generazione del Messale di Borso. In un primo momento, avevo tentato di distinguere tre diverse mani: la prima, più incline a modellarsi sulla scia di Giorgio d'Alemagna, e quindi più "moderna", mi pareva l'autrice della sola Trinità, una seconda, più attardata, avevo ipotizzato fosse responsabile delle tre scene delle cc. 45r, 67v e 97r, lasciando alla terza, più squisitamente improntata a opzioni di tipo tardogotico lombardo, la sola, celebre raffigurazione di San Martino. In effetti, è forse meglio suddividere le operatività in modo lievemente differente, avvertendo che sono comunque possibili, come in ogni bottega, sovrapposizioni operative: al miniatore della Trinità, legato al vecchio stile ma aggiornato come detto su prototipi estensi affini a Giorgio d'Alemagna (e fors'anche al primo Crivelli), potrebbe riferirsi pure la scena con la Visitazione, dove ritroviamo analoghe scelte di ductus, marcato e spesso, nei visi, definiti assai nettamente; a un secondo artista, meno attento a seguire gli sviluppi della decorazione libraria più moderna, rimarrebbero allora le rappresentazioni con La Madonna appare presso una chiesa [?], e la Dedicazione di una chiesa, senza dubbio: mentre è possibile che sia da riferire a questa stessa mano la ricca pagina con San Martino. In questa immagine, l'unica - forse - giustamente celebre tra le miniature della Biblioteca Panizzi, si reperisce infatti una temperatura formale non difforme, e la maggiore qualità - anche a prescindere dall'uso dell'oro così abbondante - indicherebbe allora non un distinto autore ma una più controllata e aulica operatività. Sono sempre validi i riferimenti a un contesto affine a quello dei migliori maestri parmigiani, come quello del corale T del Convento della SS. Annunziata (Zanichelli 1994a, pp. 10-12, 96-98) che trasceglie dal contesto del gotico maturo i suoi referenti, con una certa affinità con l'ormai lontanissimo 'Maestro delle Iniziali di Bruxelles' che si ritrova anche nel corale della Panizzi; il gioco dei putti che si divertono a nascondersi tra gli elementi costitutivi dell'iniziale, e gli elegantissimi uccelli, sono in questo senso del tutto significativi, anche se nel tomo reggiano realizzati certo con minore maestria. La data 1458 del volume parmense può dunque costituire un valido punto fermo anche per il nostro graduale, dando così emblematicamente conto di quel momento di passaggio tra tardogotico e rinascimento, che si situa a date diverse pure in contesti territorialmente non troppo distanti (pensiamo alla situazione ferrarese, emblema d'aggiornamento, o al tradizionalismo di Milano e ancor più di altre città lombarde, quasi reazionario).
La Trasfigurazione, aggiunta più tardi assieme all'intero fascicolo su cui è miniata (dove si ritrovano anche due iniziali solo decorate da riferire alla stessa mano) appare eseguita quasi sicuramente dallo stesso autore che fu responsabile, ma questa volta in toto, dell'altro graduale 17.A.142, e comunque da dare al contesto bolognese tra fine XV e inizio XVI secolo (più precisamente, e in modo più realistico, già tra 1500 e 1510) legato all'operatività della bottega di Giovanni Battista Cavalletto. Ciò implicherebbe due dati rilevanti. Il primo è la provenienza di quest'ultimo corale da quella stessa Cattedrale da cui proviene il presente volume (il miniatore che lo produce si accollò evidentemente anche l'impegno di aggiornare l'altro). L'altro è la realizzazione della rimanente parte di questo 17.A.144 in un periodo non troppo lontano dal quel 1457 in cui fu istituzionalizzata la festività della Trasfigurazione, celebrata (e protagonista di tante immagini sacre) già nel Medioevo, ma non ufficialmente entrata con questa rilevanza nei calendari liturgici fino a quando non vi venne inserita da Callisto III: se non vero e proprio ante quem, come avevo accennato - esagerando - in un primo tempo (qualche tempo di scarto è sempre possibile), almeno termine cronologico di confronto che tende a coincidere coi dati stilistici prima accennati; certo, il fatto che si sia posto rimedio alla lacuna solo dopo mezzo secolo lascia un po' perplessi, ma una posticipazione a date più avanzate del grosso del volume non contribuirebbe a risolvere il problema.