Comune di Reggio Emilia

Mss. Turri G 66

Scheda    Galleria

Officia dei santi patroni e protettori di Reggio Emilia, [1680-1700 ca.], con inserzione di miniature provenienti da codici dei sec. XIV-XV.
 
Questo inusuale codice venne realizzato alla fine del '600 in ambito locale reggiano, come mostrano immediatamente le tipologie testuali, tutte orientate sulla devozione dei santi patroni e di altri che potevano vantare una particolare venerazione in città; vennero preparati i fascicoli (cartacei), tracciata la rigatura, e trascritto il contenuto - in una grafia del tutto tipica del periodo, senza tentativi di imitare quella dei secoli più antichi, ma alternando al colore dell'inchiostro usato - secondo la prassi comune dei codici liturgici sia antichi che coevi - il rosso, nelle intitolazioni e nelle indicazioni liturgiche; tutto ciò fu predisposto lasciando nei punti cruciali, e cioè gli incipit dei testi principali, uno spazio bianco, esattamente come avveniva di norma nei secoli fino al XVI, quando il compito di terminare la pagina (contemporaneamente integrando la lettera e decorando il testo) era affidato a un miniatore o a un calligrafo.
Nel presente volume, invece, si fece ricorso, ante litteram, a una pratica di cutting, diffusa, a partire soprattutto dalla fine del XVIII secolo, per scopi del tutto diversi - e meno nobili: si ritagliarono cioè singole miniature (lettere decorate e figurate) da codici antichi, evidentemente disponibili in loco, e non più impiegati o comunque non degni, nel giudizio del tempo, di essere conservati integri, non per motivi legati alla nascente pratica collezionistica, o di commerciabilità, o ancora per adeguarsi alla lettura tutta moderna della miniatura come "piccola pittura" (come appunto sarà un secolo più tardi), ma più prosaicamente per impiegarle come elementi decorativi già confezionati, quando già da lungo tempo non sussisteva più la possibilità di recuperare chi fosse dotato di una forte professionalità in questo ambito; i pochi continuatori su manufatti librari della pratica miniatoria ancora esistenti erano infatti o pittori che trascrivevano in piccolo composizioni estranee alla miniatura in quanto decorazione specificamente libraria, o quegli artigiani (quasi sempre monaci) che eseguivano qualche decorazione, più o meno sommaria, nei fascicoli aggiunti ai codici liturgici per motivi di aggiornamento testuale, o su essi palinsesti. Nel nostro caso, invece, siamo di fronte a un codice del XVII secolo che ricicla singoli elementi ben più vetusti. Sarebbe interessante analizzare come fu organizzato il lavoro, anche per comprendere appieno quanto dovette essere difficile far coincidere iniziali già eseguite con un brano nuovo, intrecciando - per così dire - il punto di vista del rispetto della lettera del testo, comune a tutti gli interventi, e quello della logicità iconografica nel caso delle sole sezioni figurate; abbiamo casi interessanti, e anche divertenti, quali la generica figura femminile e il probabile ex profeta che vengono riutilizzati nel materiale testuale relativo ai santi Crisante e Daria, o la A di c. 55v, che viene disinvoltamente applicata alla lacuna lasciata libera per la F iniziale di "Fidelis". In ogni caso, il procedimento operativo dovette essere questo: per ogni punto dove era previsto l'inserimento, si preparò la carta, forse raschiandola leggermente perchè potesse meglio ricevere la presa, poi si incollò il ritaglio, e infine si mascherò l'intervento mimetizzando l'aggiunta con inchiostro nero, lo stesso impiegato per trascrivere i testi, in qualche caso semplicemente contornando il tutto a mo' di cornice, altre volte eseguendo un vero e proprio fregio; purtroppo l'acidità del materiale impiegato qui, come anche nelle sezioni testuali, ha provocato in questi punti assai delicati di giuntura problemi di conservazione.
Per quanto attiene all'aspetto stilistico, è possibile operare, con qualche difficoltà dovuta alla decontestualizzazione, alcune distinzioni. Da un unico codice bolognese del XIV secolo provengono le decorazioni figurate delle cc. 9v e 12r e, forse, la decorata a c. 5v; mi pare ancora valida l'indicazione che avevo dato in un primo momento: e cioè che si tratti di un esempio vicino al cosiddetto 'Maestro del B 18', e cioè una delle prime mani che si alternano nei corali di San Domenico, la seconda (Mariani Canova 1978, pp. 3-7; ma da ultimo su questo artista Medica 2000, pp. 83-84, 90 nn. 6-7: lo studioso mi comunica di non escludere un riferimento diretto per i frammenti reggiani)  Da più codici seriori arrivarono le altre iniziali: quella figurata di c. 40r è condotta in uno stile che si può genericamente collocare poco dopo la metà del '400, in un'area padana già toccata dagli insegnamenti prospettici ma ancora latamente tardogotica: perchè no, la stessa Reggio; mentre appare ancor più probabile che sia locale, da quel poco che si sa della miniatura in città (penso per esempio a fatti come il Mss. Regg. C 407), l'intervento di c. 62v, comunque più o meno coevo. Le lettere decorate seguono due differenti tipologie, che con qualche probabilità di essere nel giusto potremmo attribuire ad altrettanti manoscritti originari differenti: iniziali in rosa su fondo oro, con ricchi motivi vegetali di derivazione ferrarese; iniziali semplici in oro su fondo colorato con filettature in bianco di biacca, in due casi arricchite da bianchi girari di buona qualità; probabile anche qui un'esecuzione reggiana, ma senz'altro emiliana, negli anni '60 del XV secolo.